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Racket del caro estinto: “Nessun rispetto per i defunti”, tutti i nomi

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Danneggiamenti a ditte concorrenti, salme derubate, violazioni di sepolcro e minacce alle ditte concorrenti per imporsi nel settore delle onoranze funebri e del trasporto di pazienti non deambulanti con ambulanze private. Con queste accuse i carabinieri di Catania hanno arrestato nove persone considerate facenti parte di un gruppo che operava presso l’ospedale di Caltagirone.

In carcere son finiti Paolo Agnello, del 1964, Massimiliano Indigeno, 1974, Alfredo Renda, 1953 e Davide Annaloro, 1975. Agli arresti domiciliari, Alberto Agnello, 1965. Obbligo di dimora con permanenza domiciliare dalle ore 22 alle 6 e obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per Giuseppe Milazzo, 1958, e Massimo Gulizia, 1966. Obblido di dimora per Raffaele Sciacca, 1977, e Vito Pappalardo, 1960.

Il gruppo aveva il suo centro logistico all’interno dell’Ospedale “Gravina e Santo Pietro” di Caltagirone, oggetto di vera e propria “occupazione militare” da parte dei sodali che non avrebbero esitato a minacciare ed aggredire, anche fisicamente, il personale sanitario impegnato a far rispettare le norme di sicurezza all’interno del nosocomio anche all’inizio dell’emergenza derivante dalla pandemia da Covid-19. Uno degli arrestati avrebbe addirittura minacciato di morte ed aggredito un infermiere con funzioni di capo sala del pronto soccorso ritenuto colpevole soltanto di aver cercato di far rispettare gli appositi protocolli emanati dalla Direzione Sanitaria in costanza dell’evento epidemiologico, concernenti, tra l’altro, l’interdizione all’accesso indiscriminato all’interno dei locali del reparto.

“Con violenza o minaccia – raccontano gli investigatori – compivano atti di concorrenza illecita verso altre imprese operanti nel settore delle onoranze funebri. Le azioni violente consistevano in danneggiamenti di arredi funerari di ditte concorrenti posti ad ornamento della sala mortuaria, nei furti di parti di essi, nonché nell’appropriazione dei talloncini identificativi collocati sulle salme (in un’occasione lo stesso talloncino veniva strappato addirittura da un piccolo feto), sempre al fine di assicurare per sé il rintraccio dei parenti ai quali proporsi per le onoranze funebri e, al contempo, per evitare che altri concorrenti nel settore potessero entrare in possesso delle informazioni anagrafiche ivi contenute”.

Numerose le violazioni perpetrate all’interno delle camere mortuarie, nel corso delle quali, con vere e proprie perquisizioni delle salme e minuziose ricerche, gli appartenenti all’associazione si sarebbero appropriati di monili, oggetti preziosi o semplici coroncine del rosario posizionate tra le mani dei defunti. Dall’indagine emergerebbe anche un episodio di istigazione alla corruzione che ha coinvolto un operatore in servizio presso il pronto soccorso dell’ospedale e un appartenente all’associazione a delinquere chje avrebe promesso denaro in cambio della segnalazione di un paziente non deambulante che necessitava di trasporto in ambulanza.

 

 

 


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