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Denise, ultima ansiosa e vana attesa. Ora è “giallo” tutto da chiarire, tra dubbi e omertà

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Esplode il “caso” internazionale, dopo che il Dna ha escluso qualsiasi legame sanguigno della ragazza ucraina con Denise Pipitone di Mazara del Vallo (ma vi sarebbero dubbi sulla correttezza dei dati forniti). Secondo voci, non confermate, Interpool e Procura di Marsala, che ha ricevuto gli esiti del prelievo Dna, e che nel riserbo assoluto mai si è fermata nelle indagini sulla sparizione della bimba, intenderebbero ricostruire gli spostamenti degli ultimi anni della piccina rapita il primo settembre del 2004, con probabile identificazione di nuovi testimoni.

Gli investigatori però devono scardinare il muro dell’omertà eretto su tutta la vicenda e sul dramma della mamma Piera Maggio che da diciassette anni vive nel dolore e tra le tante delusioni per segnalazioni di avvistamento della figlioletta risultate infondate. Sin dalle prime ricerche si pensava che le tante segnalazioni non fossero altro che un depistaggio e forse da questo punto partirebbero le nuove indagini.

“Io non mi faccio illusioni – aveva detto Piera Maggio -, troppe le delusioni, ma comunque vada l’esito di questa trasmissione tv, non mi fermerò mai nel cercare mia figlia”. L’ex sindaco di Mazara del Vallo, Giorgio Macaddino, che era stato appena eletto a primo cittadino in quei giorni di dramma, dice. “Ricordo ancora quei momenti bui per l’intera comunità mazarese che mi segnarono una profonda ferita nel mio cuore… chi sapeva ha taciuto, penso che non troverà mai il perdono di nessuno, né in terra e né nel cielo”. E l’attuale sindaco esprime il suo dolore per la scomparsa di Denise. Sarò sempre vicino a Piera Maggio, dice.

Una constatazione che fa tanta rabbia: la presunta sceneggiata tv russa sulla drammatica vicenda.  Si è così reso più grave, e come fosse un gioco diabolico per necessità di ascolti, il dolore della mamma, Piera. Al balcone di casa, da diciassette anni è steso un telone con stampata la foto di Denise com’era prima di sparire, e una scritta: “Ridatemi Denise”. Al primo allarme sulla scomparsa, tutta Mazara del Vallo si strinse intorno alla mamma disperata, fornì le prime indicazioni su presunti avvistamenti, mentre altre segnalazioni risultate senza fondamento arrivavano nel piccolo centro siciliano, in provincia di Trapani, da tutta Italia. Poi il silenzio a Mazara del Vallo, e Piera Maggio chiusa in casa con il suo “pianto antico” per la pargoletta condotta via chissà dove.

Però il coraggio di reagire della mamma seppe dare la risposta eloquente al profondo silenzio che la circondava: denunciò sospetti sequestratori, fece nomi, si affidò a bravi avvocati, esternò piena fiducia nella magistratura chiamata ad indagare, lanciò appelli dalla TvRAI “Chi l’ha visto ?”, mentre altri avvistamenti, risultati poi senza esito, venivano anche dall’Europa. Non successe nulla; Denise era introvabile, e il silenzio soffocava ormai ogni compartecipazione al dolore infinito. E non si era verificato  nulla sino a questi giorni; soltanto la disperazione di mamma Piera è ancora, e lo sarà “finché vivo” dice la disperata, l’unico grido di dolore.

Da fonti inquirenti viene precisata la mancanza di collaborazione di abitanti di Mazara del Vallo che probabilmente “qualcosa” hanno visto, chi ha preso per mano la bimba per trascinarla con sé, e quindi in grado di fornire indicazioni utili alle indagini. Mazara del Vallo è una cittadina di mare che vive di pesca, lontana dai rumori e dagli  umori di chi sa e non vede. Non è detto espressamente, ma è nota, e non si dice,  che l’omertà ha la sua “legge” di sopravvivenza alla paura. La stessa omertà che ha favorito, e continua a farlo nell’entroterra siciliano, cosche mafiose di borgata e sottobosco criminale che si alimentano con le rapine, i furti, il “pizzo”, l’illecito economico, le estorsioni, lo spaccio di droga, mentre sulle grandi città pesa la mano organizzativa e di infiltrazione di Cosa Nostra.

La Sicilia però sta cambiando; non tutto è omertoso, ma ancora resistono sacche di criminalità a qualsiasi livello, e c’è la paura a parlare, di citare fatti e circostanze, c’è il timore che porta a coprire, anche inconsapevolmente ma inteso come frutto naturale di tradizione culturale, la latitanza di noti mafiosi, rendendo difficili, ma non impossibili, le indagini della magistratura inquirente e delle Forze dell’Ordine.  Il “giallo” Denise Pipitone, ne è un esempio di come l’omertà possa condizionare una collettività che vorrebbe, ma non osa, cambiare la mentalità culturale, cioè civile.

 

 


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