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Carceri e pene alternative, Barbagallo: “Rendere attuale il dibattito sui detenuti”

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“Dobbiamo rendere attuale, e portare al centro del dibattito politico, il tema dell’universo carcerario e nello specifico quello della rieducazione della pena. Un altro aspetto su cui concentrarci, per quanto riguarda la Sicilia, è anche quello del rapporto tra il dipartimento penitenziario e le Asp siciliane perché spesso i detenuti non sono messi nelle condizioni di fare una visita medica o di ricevere adeguate assistenza anche psicologica. Il tema non è più l’indulto ma che non riusciamo a garantire l’ordinario, ad esempio dal punto di vista sanitario all’interno dei penitenziario”. Lo ha detto il segretario del PD Sicilia, Anthony Barbagallo nel corso del dibattito dal titolo “Bisogna aver visto: i nodi irrisolti della questione carceraria. La politica in ascolto” che si è svolto in diretta sulla pagina Facebook, PD Sicilia.

Al dibattito, moderato dal direttore di LiveSicilia, Salvo Toscano, sono intervenuti Luigi Paganol già vice direttore del DAP e autore del libro “Il direttore” e Maria Grazia Leone, responsabile del dipartimento Diritti del PD Sicilia. Barbagallo ha annunciato “visite” in alcuni penitenziari dell’Isola: “Abbiamo già programmato di andare a Giarre e ad Agrigento. Siamo già stati al carcere Pagliarelli di Palermo in cui la direttrice deve contemporaneamente guidare – ha spiegato – anche altri 3 istituti: è impensabile oltre che complicato così trovare anche il tempo per ‘pensare’ ad una visione diversa della rieducazione della pena e non soltanto al passaggio di consegne”.

Molto interessante l’intervento dell’ex vice direttore del DAP Luigi Pagano, in pensione dal 2019, che ha diretto varie istituti penitenziari tra cui Asinara, Pianosa, Bollate e San Vittore a Milano. “La gente probabilmente crede pure che il carcere possa essere pure rieducativo e si inalbera se, come dicono le statistiche, non ci riesce. Ma c’è anche un altro problema: forse – ha detto nel suo intervento – il carcere non è il luogo più adatto per pensare al reinserimento sociale. E in effetti la costituzione non parla di carcere ma della pena in generale. Pensare che – ha spiegato – una struttura che nasce per isolare dalla società civile possa nel contempo reinserirle nella società mi sembra che sia una contraddizione”.

Per Pagano occorre, come non è stato fatto dai padri costituenti, pensare a pene alternative: “La riforma penitenziaria, da molti definita troppo timida, arriva a 27 anni dalla Costituzione. Timida perché doveva pensare anche a delle alternative, a pene che bypassassero completamente il carcere che doveva ridursi all’estrema ratio. Consideriamo che su circa 55.000 detenuti, circa 20 mila devono scontare pene non superiori a due anni, tra cui molti tossicodipendenti e stranieri su cui il paradigma del reinserimento sociale non va. È tanto difficile pensare che per determinati tipi di reati ci possa essere una strada diversa che sia meno costosa, più utile e più efficace per la persona e per la società?”.

“L’emergenza Covid ha riacceso i riflettori sul pianeta carcere – ha sostenuto Maria Grazia Leone -, ha paralizzato tutte le attività che danno senso al tempo della pena, ha restituito priorità alle contraddizioni e ai limiti del sistema penale e del sistema penitenziario. Ma ci ha pure dato l’opportunità di confrontarci – ha concluso – con la necessità di una nuova concezione della pena. Con le fragilità di un sistema che affligge detenuti e operatori penitenziari”.

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