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La Regione vince il ricorso, la casa del giudice Livatino è un bene di interesse culturale

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“Oggi è un giorno lieto. Apprendo con soddisfazione la notizia che il Consiglio di Giustizia Amministrativa, con sentenza pubblicata nelle scorse ore, ha respinto il ricorso presentato dalla proprietaria della casa di Canicattì dove vivevano il giudice Rosario Livatino e la sua famiglia, riconoscendo la validità delle motivazioni che hanno indotto la Soprintendenza dei Beni Culturali di Agrigento ad avviare l’iter per la dichiarazione del bene di particolare interesse culturale”. È quanto dichiara l’Assessore dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà.

Particolare della casa Livatino

“In assenza di familiari diretti che possano mantenerne viva la memoria – aggiunge – è dovere della società civile e delle istituzioni, di cui Livatino è stato un ‘servitore eccezionale’, perpetuare il ricordo del giovane magistrato che ha pagato con la vita una rettitudine e un senso del dovere che non si sono piegati alle minacce o alle lusinghe della mafia. Quella casa rappresenta oggi la memoria storica su cui incentrare un’azione di sensibilizzazione e divulgazione di valori fondanti, come il perseguimento della legalità, la ricerca della giustizia, il compimento del proprio dovere, tutti valori che concorrono alla costruzione di una società migliore”.

L’edificio

La “Casa di Famiglia del Giudice Rosario Livatino” che si trova a Canicattì in viale Regina Margherita 166, con i beni mobili che vi sono custoditi, è stata già dichiarata di particolare interesse storico, artistico, architettonico ed etnoantropologico nel settembre 2015, con atto del dirigente del Dipartimento regionale dei Beni culturali che l’ha sottoposta alle prescrizioni previste dal Codice dei Beni Culturali.

“La sentenza – dice Michele Benfari, soprintendente dei Beni Culturali di Agrigento – riconosce la fondatezza e la validità delle motivazioni che ci hanno indotto ad avviare l’iter di tutela, e ha riconosciuto l’alto valore simbolico dell’abitazione. La casa del giudice, ucciso a soli 38 anni da mano mafiosa, infatti, con i suoi ricordi, gli scritti autografi, le foto e gli effetti personali, che sono stati custoditi e preservati nel tempo – in una immobile integrità – dai genitori del giovane magistrato, rappresentano un luogo e un’occasione di riflessione”.

 

 


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