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Zaki libero, fine di un incubo lungo tre anni: tornerà oggi in Italia

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Patrick Zaki tornerà oggi in Italia. La grazia concessa ieri dal presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi, arrivata all’indomani della condanna a tre anni di carcere da un Tribunale di Mansoura per aver diffuso presunte notizie false in un post sulle minoranze copte, sancisce quindi la fine di un incubo durato tre anni. Ad annunciare ieri sera il ritorno in Italia dello studente dell’Alma Mater di Bologna, era stata la presidente del Consiglio Giorgia Meloni attraverso un video messaggio pubblicato sui canali social.

A quanto si apprende da alcune fonti, la grazia concessa dal presidente al Sisi a Patrick Zaki sarebbe il frutto di “una lunga e costante trattativa tra il governo italiano e quello egiziano”, che ha visto protagonisti la premier, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che nei mesi scorsi ha compiuto diverse missioni in Egitto, e l’intelligence esterna italiana (Aise). L’incubo per lo studente del master Gemma in Women’s and Gender Studies presso l’Università Alma Mater di Bologna era iniziato il 7 febbraio 2020, quando venne portato dietro le sbarre del famigerato carcere di Tora, dopo essere stato fermato all’aeroporto del Cairo.

Nei mesi successivi si erano susseguite le udienze in cui ogni volta era stata rinnovata per 15 o 45 giorni la detenzione preventiva di Zaki, nonostante i numerosi appelli e iniziative del governo italiano, di politici, attivisti e associazioni. Era stato fermato al suo arrivo in Egitto per far visita alla famiglia, un periodo di vacanza che invece gli era costato l’arresto. Solo negli ultimi mesi di detenzione era stato trasferito nel carcere di al-Mansoura, città dove Zaki è nato il 16 giugno del 1991. I capi d’accusa menzionati nel mandato di arresto erano minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di notizie false, propaganda per il terrorismo.

In particolare, il ricercatore, che proprio un paio di settimane fa si è laureato a distanza, secondo le autorità egiziane avrebbe compiuto propaganda sovversiva attraverso alcuni post pubblicati su Facebook. Il rinvio a giudizio era avvenuto invece per “diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese” sulla base di tre articoli scritti da Zaki. Tra i testi messi sotto accusa ne spicca uno, scritto nel 2019 sui cristiani copti in Egitto perseguitati dal sedicente Stato Islamico e discriminati da alcuni elementi della società musulmana. Lo stesso Zaki appartiene alla comunità copta egiziana.

 

 


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