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Via D’Amelio, maxi risarcimento agli eredi del carrozziere Orofino

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Maxi risarcimento per gli eredi di Giuseppe Orofino, il carrozziere palermitano accusato ingiustamente della strage di via D’Amelio. Questa la decisione della Corte d’Appello di Catania che ha quantificato la cifra in 1,4 milioni di euro. Il 26 gennaio 1996 la Corte d’assise di Caltanissetta aveva condannato all’ergastolo Salvatore Profeta, Giuseppe Orofino e Pietro Scotto. Diciotto anni vennero inflitti a Vincenzo Scarantino. Ottenne uno sconto di pena per la sua collaborazione che ricevette così il primo bollo di attendibilità processuale.

Il 13 febbraio 1999 arrivò la sentenza del “Borsellino bis”. La Corte di assise presieduta da Pietro Falcone condannò all’ergastolo Salvatore Riina, Pietro Aglieri, Carlo Greco, Giuseppe Graviano, Francesco Tagliavia, Salvatore Biondino e Gaetano Scotto. In appello Orofino si vide ridurre la pena a 9 anni per favoreggiamento. Assolto Scotto. Nel frattempo Scarantino ritrattò tutto. Nel 2002, il collegio di appello, presieduto da Francesco Caruso, decise che a meritare l’ergastolo non fossero solo sette imputati ma tredici. Si aggiunsero i nomi di Cosimo Vernengo, Natale Gambino, Giuseppe La Mattina, Lorenzo Tinnirello, Gaetano Murana e Giuseppe Urso.

Nelle motivazioni del Borsellino quater, i giudici scrissero, tra l’altro, che “tra le altre “anomalie” anche “la singolare cronologia del sopralluogo eseguito dalla Polizia Scientifica di Palermo (‘su richiesta della locale Squadra Mobile’), nella carrozzeria di GiuseppeOrofino alle ore 11 del lunedì 20 luglio 1992” poiché “quest’ultimo aveva denunciato, appena un paio d’ore prima, il furto delle targhe (ed altro) da una Fiat 126 di una sua cliente, all’interno della sua autofficina”. Nel momento però in cui “la Polizia Scientifica eseguiva detti rilievi nell’officina di via Messina Marine – facevano notare le motivazioni della sentenza – non erano stati ancora rinvenuti, in via D’Amelio, né la targa oggetto della denuncia di Orofino” né “il blocco motore della Fiat 126 rubata a Pietrina Valenti”. Inoltre “era soltanto nel successivo pomeriggio del 20 luglio 1992” che “detto blocco motore veniva attribuito ad una Fiat 126″.

Nel 2017, alla vigilia del 25esimo anniversario della strage di Via D’Amelio, arrivò la sentenza del processo di revisione. Dopo le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza e le ammissioni del falso collaboratore di giustizia Vincenzo Scarantino che avevano già portato alla scarcerazione di sette imputati che stavano scontando l’ergastolo, la corte d’assise d’appello di Caltanissetta, emettendo la sentenza nel processo di revisione, aveva assolto quei sette imputati dall’accusa di strage. Altre tre persone furono assolte da reati minori e assolto lo stesso Scarantino.

A chiedere il processo di revisione era stata la procura generale di Caltanissetta che, ritenendo affidabili le nuove dichiarazioni di Gaspare Spatuzza che ha accusato dell’esecuzione della strage i killer della cosca di Brancaccio guidata dai fratelli Graviano, aveva scagionato e immediatamente scarcerato altri nove imputati che erano stati condannati sulla base delle false accuse di Scarantino. Il giudizio di revisione riguardava Gaetano Murana, Giuseppe Orofino, Cosimo Vernengo, Natale Gambino, Salvatore Profeta, Giuseppe La Mattina, Gaetano Scotto, Vincenzo Scarantino e Salvatore Candura. Quest’ultimo era stato condannato solo per il furto della macchina che venne imbottita di tritolo e non per il reato di strage, mentre Orofino era stato ritenuto responsabile di appropriazione indebita, favoreggiamento e simulazione di reato.

 

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