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Blitz antimafia, le mani del clan sulle vendite all’asta: intimidazioni e “pizzini” dal carcere (VIDEO)

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I vecchi metodi sono sempre quelli più efficaci. Lo pensava Orazio Scuto, il “vetraio” reggente del clan Laudani che per impartire gli ordini ai suoi uomini usava i “pizzini”. Li nascondeva nelle confezioni di succhi di frutta o in barrette di cioccolato. I messaggi uscivano così dal carcere grazie all’aiuto di Valentina Scuto. Questa la ricostruzione degli investigatori che hanno portato a compimento il blitz antimafia di questa mattina condotto dai finanzieri del Comando provinciale di Catania, con il supporto dello Scico.

Sono 18 le misure cautelari emesse dal gip a carico di altrettante persone, indagate a vario titolo per associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione, usura, turbativa d’asta, favoreggiamento personale, detenzione e porto di armi da fuoco.

Le indagini riguardano complessivamente 37 persone. “Il collaudato sistema di comunicazione ha consentito a Scuto – spiegano le Fiamme Gialle – di impartire all’esterno le direttive agli uomini a lui più vicini, sia in ordine alla gestione della Friscus srl (società attiva nel settore della logistica per trasporti che è stata sequestrata, ndr), sia in ordine ad alcune iniziative da intraprendere nell’ambito delle attività criminali riconducibili al gruppo”. 

Ma non è tutto. Si parla anche di spedizioni punitive ai danni dei clan rivali. “Le indagini hanno posto in luce una importante disponibilità di armi degli affiliati all’organizzazione mafiosa, che sono state utilizzate nel compimento di episodi violenti e nelle intimidazioni”.

“Di particolare rilievo – aggiungono i finanzieri – in questo contesto, è risultata la figura di Giacomo Cageggi, detto ‘il pugile’ o Rocky, referente del clan Laudani per Lineri e Misterbianco, più volte protagonista di spedizioni punitive armate e intimidazioni”.

Le estorsioni, ma anche il settore delle procedure di esecuzione fallimentare. Eccolo il core business del clan Laudani, che sarebbe emerso dalle indagini. Sarebbero stati ricostruiti otto episodi di estorsione in alcuni casi fatti dagli uomini del clan nei confronti di imprenditori e professionisti per finanziare le casse di Cosa nostra. In altri per favorirne altri, che a fronte di crediti commerciali non pagati, avrebbero preferito, invece che procedere legalmente, fare ricorso all’intermediazione boss per recuperare le somme.

L’altro settore coinvolto dalle attività di indagine è quello rappresentato dalle interferenze nelle procedure giudiziarie di vendite all’asta di beni.

Persone appartenenti o affiliate al clan Laudani – spiegano ancora gli investigatori – sono intervenute, in diverse occasioni, affinché gli imprenditori dichiarati falliti, nei cui confronti era stata attivata la procedura di esecuzione immobiliare, potessero illecitamente rientrare in possesso del bene posto all’asta”. Minacce e intimidazioni erano gli strumenti con cui il clan impediva la partecipazione di potenziali offerenti alla procedura esecutiva, garantendo agli imprenditori falliti di rientrare in possesso dei beni sia pure attraverso prestanome”.

 


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1 COMMENTO

  1. Sarà un caso che la campagna di mio nonno è stata acquistata all’asta (giudiziaria *****) da un certo Laudani, con atto poco trasparente del notaio ****** (che orbita intorno il PD).
    Sono riusciti a prendersi anche un pezzo non all’asta.

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