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Processo Montante, la difesa di Di Simone: “Non fu il suo braccio destro”

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Un poliziotto che “svolgeva il suo ruolo di Security manager di Confindustria con alto senso del dovere e con abnegazione”. Ecco chi era, secondo la difesa, Diego Di Simone uno degli imputati del processo d’appello ad Antonello Montante, che si celebra davanti alla Corte d’appello di Caltanissetta. “Di Simone non fu il braccio destro di Montante, come sostiene l’accusa”, ha detto l’avvocato Marcello Montalbano, nel corso dell’arringa difensiva. Il legale ha chiesto l’assoluzione dell’imputato.


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“Non c’è stato alcun interessamento di Montante veicolato dal poliziotto Di Simone per il trasferimento del sostituto commissario Marco De Angelis”, ha detto ancora l’avvocato rivolgendosi alla Corte presieduta da Andreina Occhipinti.  “Il giudice ha fatto una ricostruzione dei fatti non valutando una serie di elementi agli atti”, ha aggiunto il legale del poliziotto Diego Di Simone, ex capo della Sicurezza di Confindustria. “Agli atti risulta che De Angelis ha seguito canali ufficiali legittimi per cercare di essere trasferito alla Dia di Palermo da Milano, dove lavorava”, spiega.

Inoltre, il legale ha ricordato che “questa pratica ha i tempi lunghi” e che “De Angelis partecipa al concorso per vice ispettore, lo vince e viene trasferito a Palermo”. E ancora: “L’accusa di partecipazione non si può fondare sul contenuto di due intercettazioni”. Per il gup di Caltanissetta Graziella Luparello, Montante, condannato in primo grado a 14 anni di carcere, “è stato il motore immobile di un meccanismo perverso di conquista e gestione occulta del potere che, sotto le insegne di un’antimafia iconografica, ha sostanzialmente occupato, mediante la corruzione sistematica e le raffinate operazioni di dossieraggio, molte istituzioni regionali e nazionali”. 


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Sempre ieri, a inizio udienza, il generale Gianfranco Ardizzone ha reso dichiarazioni spontanee: “Non ho mai dato indicazioni su chi fare le verifiche, anche perché di esclusiva competenza del nucleo polizia tributaria”, ha detto l’ex comandante provinciale della guardia di finanza di Caltanissetta. Ardizzone, condannato in primo grado a tre anni di carcere, ha poi ribadito di essersi rivolto all’ex assessore regionale Marco Venturi – oggi uno dei più grandi accusatori di Montante – per l’assunzione della figlia e “non ad altri”. Ardizzone ha anche sottolineato che il suo “trasferimento da Reggio a Caltanissetta fu possibile per ragioni gravi familiari di entrambi” e che “le sedi sono di appannaggio della Guardi di Finanza”.

Infine, Ardizzone ha riferito “dei riconoscimenti avuti durante la sua lunga carriera” spiegando che fu “a fianco del pool Mani Pulite” e da ultimo a Reggio Calabria “in importanti operazioni contro la criminalità organizzata e colletti bianchi collusi”.  Alla sbarra, oltre a Montante e Ardizzone, anche il sostituto commissario di polizia Marco De Angelis, condannato a 4 anni, il responsabile della sicurezza di Confindustria ed ex poliziotto Diego Di Simone, condannato a 6 anni e 4 mesi e il questore Andrea Grassi, condannato a un anno e 4 mesi.

Per Montante che in primo grado aveva preso 14 anni, il pg Giuseppe Lombardo alla fine della requisitoria ha chiesto di ridurre la pena a 11 anni e 4 mesi. Il processo è stato rinviato a questa mattina per proseguire con le arringhe difensive. A prendere la parola sarà l’avvocata Monica Genovese che rappresenta De Angelis. Poi toccherà alla difesa dell’ex potente Presidente degli industriali siciliani, che ieri non si è presentato in aula per problemi di salute.

 

Fonte: Adnkronos. Articolo di Elvira Terranova.

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