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Eutanasia, verso la scelta sbagliata che sfida sentimenti familiari e valore umano | EDITORIALE

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Tra i tanti problemi socio-economici, Covid, restrizioni e vaccini, che ci affliggono, dal sud al nord, si inserisce il quesito referendario sull’eutanasia che si vuole senza vincoli giuridici ma che oggi è vietata in Italia, e per il quale quesito sul sì e sul no è in corso la raccolta delle firme in 1.200 piazze del territorio nazionale e che si immette in questo momento drammatico in cui la strategia europea è in azione con i suoi ponti aerei umanitari salva-vita per la popolazione in fuga dagli scenari di guerra e per l’accoglienza.

Il referendum è, senza alcun dubbio, la forma democratica per una consultazione popolare al fine di proporre leggi migliorative e di abrogare quelle che si ritengono non più rispondenti all’oggi. Già l’istituzione del Referendum dimostrò tutta la sua valenza innovativa, sin dalla prima ammissione al voto Monarchia o Repubblica delle donne; da quella partecipazione al voto, venne aperta la strada del riconoscimento dei diritti-doveri e  dell’emancipazione del mondo femminile, e, successivamente, il voto referendario sul divorzio diede corso alla Riforma di Famiglia volta soprattutto alla garanzia sull’ottimo processo educativo dei figli minori in ambienti familiari sereni, non quindi in abitazioni di contrasti e litigi tra coniugi non più in grado a proseguire la convivenza e la reciproca assistenza materiale e spirituale (normativa del Codice civile).

Ma ora il terreno del dibattito referendario che si sposta sull’eutanasia norma giuridicamente vietata, è spinoso e va trattato, a tutti i livelli, con delicatezza, scrupolo e responsabilità; già il tema vene ritenuto, in generale, una scelta sbagliata per la società civile e la polemica, pure alimentata da tentativi di sfiducie incrociate a livello governativo, apre squarci di dubbi sul piano dei sentimenti umani e affettivi familiari. Il valore democratico del referendum sembra pertanto manovrato, trasformato, offeso, ma con risultati contradditori allorché si punta alla sconfitta del valore umano. Vero è che tra le varie odierne  indicazioni referendarie vi sono punti che potrebbero essere condivisibili perché sono all’opposto di ogni violenza alla vita umana, anche se questa venisse praticata con il consenso dell’ammalato terminale o dei suoi familiari, e riguardano la complessiva dell’ambiente naturale attraverso la regolamentazione della caccia a specie animali, alcune già in via di estinzione.

Il divieto assoluto della distruzione di parchi e alberi secolari nelle zone boschive. Ma è pure vero che è da mantenere nella massima tutela la vita umana di ogni paziente  da accompagnare verso la sua fine naturale con il conforto dei familiari. Al malcontento sul “fine vita” libero e incondizionato, si aggiunge la delusione, quando si scopre che tra le varie proposte referendarie non si sia pensato al quesito più ovvio, ragionevole e semplice, anziché rivolgere il pensiero al fine vita anticipato, da porre come obbligatorietà dell’assistenza sanitaria e tecnologica domiciliare gratuita a pazienti in infermità totale, nell’ambito del servizio sanitario nazionale, e a prescindere dai redditi dei nuclei familiari, ai pazienti terminali e per tutti coloro, bambini compresi, che lamentano gravi patologie neurologiche invalidanti o malformazioni fisiche sin dalla nascita.

Si sviluppa inoltre la polemica più concreta tra aspetto giuridico e politico per chiarire  se l’eutanasia sia o no un “omicidio” del paziente consenziente, come ci ricorda l’attuale articolo 579, 1° comma, del codice penale: “Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui è punito con la reclusione da sei mesi a quindi anni”. (Spetterà alla Consulta Costituzionale pronunciarsi sulla legittimità e l’ammissibilità dei vari quesiti, con particolare attenzione a quello sull’eutanasia). E si inserisce anche il dubbio: il quesito sull’eutanasia è proposto nel tempo sbagliato in cui ancora si piangono i tanti anziani, padri e mamme. nonni morti per pandemia?

Non lacrime di coccodrillo, ma vere lacrime di impotenza di fronte a tanta sofferenza, amare lacrime di dolore infinito. Dunque, tempo non adatto, così come appare fuori luogo parlare di “omicidio legalizzato” a una popolazione nazionale che nel suo 90%  è di formazione e ispirazione cattolica, i cui sentimenti si basano, nonostante storie tristi private e collettive, sui principi di amore e solidarietà verso il prossimo e sull’unità familiare,  e che partecipa con passione e fede religiosa alle tradizionali feste e sagre patronali, alle processioni religiose con le reliquie del santo Patrono della città, in cui si prega anche per i propri cari augurando loro lunga vita. Non è una elencazione di banali luoghi comuni, ma è realtà viva con le sue aspettative di un futuro sempre migliore e sereno di cui i firmatari della proposta sulla eutanasia libera dal divieto giuridico e incontrollata, dovrebbero tener nel debito riguardo e con coscienza.

 

 


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