(Adnkronos) – Ventiquattro udienze, tre anni di processo, quarantacinque testimoni. Sono i numeri del processo Open Arms di Palermo che vede alla sbarra il vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. I giudici, Roberto Murgia Presidente e Elisabetta Villa e Andrea Innocenti, si sono ritirati poco dopo le 11.30 di oggi in Camera di consiglio per emettere la sentenza, prevista “non prima delle 18”, come ha spiegato il Presidente Murgia. L’accusa è di avere negato lo sbarco, da titolare dell’Interno, per diciannove giorni a 147 migranti, tra cui 27 minori, soccorsi in tre distinte operazioni dalla ong spagnola Open Arms.
Per la Procura di Palermo “almeno dal 14 agosto 2019, Salvini” aveva il “chiaro obbligo” di assegnare all’imbarcazione un porto sicuro. Ma non l’ha fatto, secondo la procura, con “intenzionale e consapevole spregio delle regole”, e violando volontariamente “la libertà personale di 147 persone”. Così, lo scorso 14 settembre, la Procuratrice aggiunta Marzia Sabella. Il ministro “ha agito da solo contro tutti, determinando il caos istituzionale, e senza la presenza di alcun reale rischio per la sicurezza del Paese, ma solo” perché “temeva il fallimento della politica dei porti chiusi”. Nessuna “giustificazione giuridicamente, fattualmente e umanamente apprezzabile”, ha ribadito Marzia Sabella. E poi, usando una frase ripetuta spesso da Salvini, ha detto: “Difendiamo i confini sì, ma dei diritti umani”. “I diritti umani vengono prima”.
La difesa, che ha depositato a ottobre una memoria lunga 296 pagine, ha ribadito che “dal 15 al 20 agosto Open Arms aveva tantissime soluzioni di far sbarcare, e non soltanto quelle di cui si è parlato finora”. “C’è un varco, c’è una porta sempre aperta che ha creato la Guardia costiera. Qual è questa porta? Il varco erano i diritti umani: bastava dichiarare ‘soffro di insonnia e di stress’ e si scendeva. Non una malattia, qualcosa di diverso”, ha detto Giulia Bongiorno durante l’arringa. “Open Arms non si è imbattuta casualmente nel barcone coi migranti né a indicare alla ong la barca coi profughi fu Alarm Phone. La verità è che ci fu una consegna concordata perché qualcuno ha dato indicazioni precise a Open Arms molto prima della segnalazione di Alarm Phone che, peraltro, non era corretta”, ha ribadito ancora la difesa durante l’arringa.
E ancora: “Open Arms stava dirigendosi a Lampedusa e invece improvvisamente cambia direzione e comincia a pendolare in attesa – spiega – Alle 8 si registra una accostata, un cambio repentino di rotta e alle 8.30 un cambio di velocità. Cosa è accaduto?”, si chiede la penalista che ipotizza che la ong spagnola avesse un “appuntamento per prendere a bordo i migranti”. Per la difesa di Salvini, “questo è un processo politico sotto un preciso punto di vista: poiché più volte è stato offerto a Open Arms la possibilità di una via di fuga, di fare scendere i migranti, e la ong si è rifiutata, ci siamo chiesti perché e la risposta ci è stata data da Oscar Camps che in un video alla fine ha detto che erano felici, ma non per lo sbarco, ma perché era caduto il ministro Salvini. Quindi per loro era una battaglia contro Salvini. È un processo politico quanto si dice che la gioia di Open Arms è la caduta di Salvini”.
Prende il via il primo agosto del 2019 la vicenda giudiziaria che vede coinvolto il ministro Salvini. Il primo agosto di 5 anni fa la nave della ong spagnola Open Arms, soccorre una prima imbarcazione con 55 migranti a bordo, alla deriva in mezzo al mare. Subito dopo un’altra imbarcazione in difficoltà, con 69 persone a bordo, tra cui dei minori. Complessivamente sulla ong ci sono 124 migranti, tra cui molte donne e bambini. Il giorno dopo, il 2 agosto, la Open Arms chiede il Pos (Place of safety), cioè il primo porto sicuro disponibile. Ma da Roma arriva il primo no, il primo di una lunga serie di divieti, dopo l’entrata in vigore del ‘Decreto sicurezza’. Quel giorno c’è la prima evacuazione medica. Sulla Open restano in 121, tra cui 32 minori, 28 dei quali non accompagnati. Passa una settimana e da Roma non arrivano risposte alle richieste di Pos. La ong si rivolge al Tribunale dei Minori di Catania per annunciare la presenza dei numerosi minori a bordo, chiedendo lo sbarco.
Il 9 agosto la ong deposita un esposto in procura in cui chiede alle autorità competenti di verificare se e in che misura impedire lo sbarco alle persone possa essere configurabile come reato. Sulla barca sale anche l’attore Usa Richard Gere, con il figlio. Portano acqua, cibo e altri beni di prima necessità. Il giorno dopo, siamo al 10 agosto 2019, c’è un nuovo soccorso in mare, nel frattempo le persone iniziano a stare strette sulla barca, su cui potrebbero stare al massimo 19 persone, cioè i componenti dell’equipaggio. Sono 39 le persone in difficoltà soccorse dalla barca. Altri migranti vengono evacuati per problemi di salute.
Il 12 agosto 2019 il tribunale per i minorenni di Palermo fa sapere che le norme “impongono il divieto di respingimento alla frontiera o di espulsione dei minori stranieri non accompagnati, riconoscendo loro, invece il diritto ad essere accolti in strutture idonee, nonché di aver nominato un tutore e di ottenere il permesso di soggiorno”. All’indomani, il 13 agosto 2019, Open Arms fa un espsto al Tar del Lazio. Poche ore dopo i magistrati del Tribunale amministrativo rispondono con la sospensione del provvedimento di divieto di ingresso. Così la nave si avvicina alla frontiera italiana, anche se il Pos non viene assegnato.
Il 16 agosto 2019 Open Arms si rivolge al Tribunale di Agrigento per presentare un nuovo esposto, stavolta per omissione di atti d’ufficio e altri reati. La situazione a bordo è sempre più complicata. Una quindicina di persone di getta in acqua. Nel frattempo, inizia la crisi del governo gialloverde e iniziano anche le prime mail scritte tra l’allora premier Giuseppe Conte e il ministro dell’Interno Matteo Salvini. Pochi giorni dopo, siamo al 19 agosto del 2019, un nuovo esposto al Tar del Lazio.
Il 19 agosto l’ong spagnola si rivolge nuovamente al Tar del Lazio. I migranti a bordo “sono in preda a frequenti attacchi d’ansia e di panico”. La tensione a bordo sale. Soltanto all’indomani, cioè il 20 agosto c’è la svolta. A bordo sale l’allora Procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio con medici e psicologi, ed è lo stesso magistrato a decidere per lo sbarco ordinandolo con un provvedimento. A bordo sono rimaste 83 persone. Tre mesi dopo Matteo Salvini viene formalmente indagato dalla Procura di Agrigento. L’indagine passa per competenza alla Procura di Palermo che si rivolge al Tribunale dei ministri di Palermo.
Per il Tribunale dei ministri, Matteo Salvini deve andare a processo “per avere, nella sua qualità di ministro dell’Interno pro-tempore, abusando dei suoi poteri, privato della libertà personale 107 migranti di varie nazionalità giunti in prossimità delle coste di Lampedusa nella notte tra il 14 ed il 15 agosto 2019″. “In particolare, in violazione di convenzioni internazionali e di norme interne in materia di soccorso in mare e di tutela dei diritti umani ometteva, senza giustificato motivo, di esitare positivamente le richieste di POS (place of safety, porto sicuro) inoltrate al suo Ufficio di Gabinetto da Imrcc (Italian Maritime Rescue Coordination Centre) in data 14, 15 e 16 agosto 2019, così provocando consapevolmente l’illegittima privazione della libertà personale dei predetti migranti, costringendoli a rimanere a bordo della nave per un tempo giuridicamente apprezzabile, precisamente, dalla notte tra il 14 ed il 15 agosto 2019 sino al 18 agosto 2019″, scrivono le tre giudici nella richiesta inviata al Senato. “Fatto aggravato per essere stato commesso da un pubblico ufficiale, con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni, nonché per essere stato commesso anche in danno di soggetti minori di età”, dicono le giudici in riferimento ai minori a bordo.
Nelle motivazioni della richiesta, si legge che “La condotta omissiva ascritta agli indagati, consistita nella mancata indicazione di un Pos (porto sicuro ndr) alla motonave Open Arms, è illegittima per la violazione delle convenzioni internazionali e dei principi che regolano il soccorso in mare, e, più in generale, la tutela della vita umana, universalmente riconosciuti come ius cogens”. “Va anzitutto evidenziato l’indiscutibile ruolo di primo piano svolto e, per certi versi, rivendicato dal Ministro Salvini” nella vicenda sulla nave Open Arms, prosegue il Tribunale dei ministri. “Sin da quando, apprendendo dell’intervento di soccorso posto in essere in zona Sar libica dalla Open Arms, coerentemente con la politica inaugurata all’inizio del 2019, adottava nei confronti di Open Arms, d’intesa con i ministri della Difesa e delle Infrastrutture e dei Trasporti, il decreto interdittivo dell’ingresso o del transito in acque territoriali italiane, qualificando l’evento come episodio di immigrazione clandestina, a dispetto del riferimento alla situazione di distress del natante su cui i soggetti recuperati stavano viaggiando”.
“Il reato di sequestro di persona” contestato dal tribunale dei ministri di Palermo “risulta aggravato dal fatto che la condotta è stata commessa da parte di pubblico ufficiale con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni”, scrivono i giudici. “Non è infatti dubitabile che l’indicazione del Pos (porto sicuro ndr) o il suo diniego – era atto rimesso al ministro dell’Interno che avrebbe dovuto emetterlo quale pubblico ufficiale nell’esercizio di una funzione amministrativa, e che lo stesso ha abusato di tali poteri sviando la funzione esercitata dal risultato per il cui conseguimento essa era normativamente riconosciuta (emissione dell’atto conclusivo di un evento SAR, in funzione di tutela della vita in mare, secondo quanto prescritto dalla normativa nazionale e sovranazionale più volte ricordata) verso finalità ad esso estranee, quale la difesa dei confini, con prioritario accento sulla tutela della sovranità dello Stato, in violazione della citata normativa”.
Il Tribunale dei Ministri di Palermo ha così chiesto l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini. Il Senato della Repubblica ha accolto la richiesta del Tribunale e il Giudice delle indagini preliminari ha rinviato l’imputato Salvini a processo. Durato tre anni e 24 udienze.