(Adnkronos) – Filippo Turetta è stato condannato all’ergastolo nel processo per l’omicidio di Giulia Cecchettin. È la sentenza emessa oggi 3 dicembre dai giudici della corte d’Assise di Venezia al termine di una camera di consiglio durata circa cinque ore. La giuria, presieduta dal togato Stefano Manduzio – affiancato dalla giudice a latere Francesca Zancan e da sei popolari – ha accolto in pieno la richiesta di condanna formulata dalla Procura e ha confermato le accuse per il ventiduenne ritenuto responsabile dell’omicidio dell’ex fidanzata, uccisa con 75 coltellate la sera dell’11 novembre 2023. La corte ha escluso le aggravanti della crudeltà e dello stalking, resta dunque in piedi l’accusa per omicidio aggravato dalla premeditazione, sequestro di persona e occultamento di cadavere.
La corte d’Assise ha stabilito un provvisionale di 500mila euro per il padre della vittima: Gino Cecchettin aveva chiesto oltre un milione di euro come indennizzo. Dovranno essere risarciti anche Elena e Davide, entrambi con 100mila euro, fratelli della studentessa di Vigonovo (Padova); stabilita una provvisionale di 30mila euro ciascuno per lo zio paterno Alessio e la nonna Carla Gatto, tutte parti civili nel processo contro l’imputato. “Penso che la violenza di genere non si combatta con le pene, ma con la prevenzione. Come essere umano mi sento sconfitto, come papà non è cambiato nulla”, ha detto Gino Cecchettin, papà di Giulia, dopo la sentenza. “Filippo è l’assassino di mia nipote, penso che ha sbagliato completamente i principi della sua vita. Ha sbagliato e sta pagando“, dice Andrea Camerotto, zio materno di Giulia.
È la sera dell’11 novembre 2023 quando Giulia Cecchettin viene uccisa, ma ben prima l’imputato disegna un bersaglio sulla vittima. A partire da luglio 2023, dopo la fine della relazione durata poco più di un anno, il timido e asfissiante ragazzo incalza la compagna di studi, gioca sui sensi di colpa, le invia decine e decine di messaggi al giorno, minaccia il suicidio come forma di “ricatto”. Giulia oscilla tra la “paura di lui” e la “paura per lui” e quando prova a tagliare il filo che la lega a Filippo lui mette in atto il suo piano. Quegli appunti, l’elenco delle cose di cui ha bisogno, – coltelli, nastro per legarla e impedirle di urlare, cartine stradali per la fuga, contanti per evitare di essere rintracciato, sacchi neri – prendono forma e il “bravo ragazzo” con “tutte le possibilità e gli strumenti culturali per scegliere” uccide l’ex fidanzata.
Quando Giulia ribadisce di voler stare sola, Turetta la blocca nel parcheggio a 150 metri da casa Cecchettin a Vigonovo (Padova) e la accoltella. È la prima fase di un’aggressione in tre atti che dura venti minuti. Costringe l’ex fidanzata a salire in auto dove infierisce ancora, e quando nella zona industriale di Fossò (Venezia) scappa, la raggiunge e la finisce con un altro coltello. La carica in auto e la abbandona a cento chilometri da casa, vicino al lago di Barcis. La copre per celare l’orrore delle 75 coltellate, di cui 25 da difesa a testimoniare che Giulia ha lottato a lungo. La fuga in auto finisce una settimana dopo in Germania. Ad attenderlo in Italia c’è il carcere di Verona, poi c’è il processo durato poco più di due mesi e oggi – sul femminicidio di un anno fa che ha rimesso al centro la lotta al patriarcato – la sentenza di ergastolo.
Fonte Adnkronos, articolo di Antonietta Ferrante
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