Il calcio italiano rende omaggio a Franz Beckenbauer. Il più grande interprete del calcio tedesco è morto all’età di 78 anni. Beckenbauer è stato uno dei protagonisti del football mondiale per oltre un quarto di secolo: ha vinto tutto con il Bayern Monaco, ha vinto i Mondiali del ’74 da capitano della Germania e ha guidato la Nazionale tedesca come ct al trionfo nella Coppa del Mondo del 1990. “Il mio ricordo di Beckenbauer – dice Roberto Boninsegna – corre in Messico ’70, quando allo stadio Azteca siamo riusciti a battere la grande Germania. Era la partita del secolo e lui era il capitano e il regista, colui che dirigeva l’orchestra di questa grande formazione. Un vero uomo squadra, di una eleganza straordinaria che giocò con questo braccio infortunato ma riuscì comunque a dare il meglio e dettare i tempi, era un vero uomo squadra”.
Fu proprio Boninsegna a firmare il primo gol nella leggendaria partita vinta per 4-3 dall’Italia nella semifinale ai Mondiali del 1970. “È stata una leggenda vera. Grande giocatore e grande tecnico e ci sono riusciti davvero in pochissimi”, dice Giancarlo De Sisti, un altro protagonista dell’avventura azzurra a Messico ’70. “A lui mi lega la famosa semifinale del mondiale di Messico 1970 quando con l’Italia superammo 4-3 la Germania e mi ricordo che lui si fece male a un braccio e giocò menomato, nonostante tutto andò vicino a segnare e ci mise in grande difficoltà”, aggiunge l’ex centrocampista della nazionale italiana.
“Parlare del Kaiser è troppo facile – dice Franco Causio, per anni pilastro della Nazionale, anche ai Mondiali di Germania ’74 – è stato uno dei più forti giocatori al mondo. Ho fatto col lui il mondiale del ’74 a Monaco, una persona fantastica che ha vinto tutto quello che c’era da vincere, anche dopo, da allenatore. Si può solo parlare bene di un uomo del genere, aveva tutto, non gli mancava nulla sia dentro che fuori da campo. Deve essere un esempio per tutte le nuove leve”.
“Oggi è un giorno triste per il mondo del calcio. Perdiamo una leggenda del nostro sport. Grandissimo da calciatore e poi anche da allenatore. Dispiace di più perché era ancora abbastanza giovane, anche se sapevo che era malato da un po’ di tempo. È una grande tristezza, siamo tutti più poveri”, dice Arrigo Sacchi.