L’8 dicembre di quest’anno Jim Morrison avrebbe compiuto 80 anni. Se n’è andato troppo presto, a soli 27, il 3 luglio del 1971 a Parigi. Il “Re Lucertola” il mito che ha infiammato un’epoca è sopravvissuto al progressive, al punk, all’heavy metal. Dopo la parentesi glam e hair metal degli anni 80 si è rinvigorito grazie al film “The Doors” di Oliver Stone. La pellicola più amata e odiata dai fan del gruppo californiano. Jim Morrison è sopravvissuto a tutto questo tranne che a se stesso. È morto da solo, ormai sfatto e imbolsito. La vasca da bagno in cui è stato ritrovato il cadavere non aveva neppure il macabro fascino di quella in cui viene sempre ritratto o come è stata raffigurata al cinema. Era piccola, incassata al muro, il suo corpo, una volta longilineo, ci entrava a malapena.
Cinquant’anni fa a Parigi moriva Jim Morrison: da lì iniziava il mito del poeta rock
Perché partire dalla fine proprio il giorno in cui ricorre la sua nascita è presto detto. Non c’è mai stata univocità di racconti sulla morte del poeta cantautore maledetto dalla folta capigliatura scarmigliata. La sua poesia ermetica, i riferimenti alla tragedia greca, a Nietzsche, nichilista, mai scontata viene studiata nelle università americane, fra cui quella di Washington. È stato scrutato dentro e fuori, lui, la sua opera, il rapporto con la famiglia ma della sua morte si sa poco o nulla. È morto di overdose, si diceva, l’ultima sparata in vena è stata quella fatale. Ma Jimbo aveva paura degli aghi e si è sempre detto non usasse eroina. Arresto cardiaco, scrisse il medico legale. Ma chiunque muore per arresto cardiaco, il punto è capire cosa lo abbia causato.
“Se sapessi di avere una montagna di cocaina in giardino, dovrei sniffarla tutta per il semplice motivo che so che sta lì”. A parlare è Jim Morrison, almeno così riportava Danny Sugerman, autore di “Nessuno uscirà vivo da qui“. Il titolo è tratto da un verso di Five to One che contiene uno dei riff e degli assolo più belli della storia del rock, firmato Robby Krieger, il chitarrista più sottovalutato di tutti i tempi. Al di là della citazione, pare che l’uso smodato di cocaina da parte di Morrison fosse di dominio pubblico così come l’abitudine di accompagnarla a dosi massicce di alcol e altro ancora.
Non sarebbe stato innaturale morire per l’abuso di queste sostanze ma lo fu il fatto che, scoperto il cadavere, furono pochissime le notizie trapelate prima della sepoltura del 7 luglio. Strano per una rockstar di fama internazionale. Rocco Saracino nel suo blog ha trovato un collegamento tra Bernardo Bertolucci, la regista Agnès Varda, e i Pink Floyd. Pare che Jim amasse il combo britannico, che li avesse visti al leggendario concerto di Hyde Park. Sostiene che tra le sue cose fosse stata trovata una bustina con dentro dell’eroina chiamata “Pink” che i pochi presenti al 17 di Rue de Beautreillis, l’indirizzo dell’appartamento in cui viveva con la “compagna cosmica” Pamela Courson, si affannarono a fare sparire.
Tra misteri e collegamenti che lui stesso definisce “una provocazione”, Saracino aggiunge ulteriori interrogativi alla morte di James Douglas Morrison. Intanto, la sua voce vellutata o “simile al latrato di cento cani per rabbia e intensità, così come deve essere il rock” continua a riecheggiare solenne negli mp3 e nelle radio di tutto il mondo. Del resto, quella era la vita più strana che avesse mai conosciuto, cantava in una delle sue poesie/canzoni, intonate con il piglio dello sciamano eone. Pamela Courson lo avrebbe raggiunto pochi anni dopo. Morì per overdose.
Anche chi non crede nella vita dopo la morte, almeno per una volta, vorrebbe forse immaginarli camminare nel sole, finalmente liberi dai loro tormenti. Se così non fosse, Jim sarà sicuramente ancora impegnato a sfondare il muro per aprire un varco dall’altra parte.
La ricostruzione di Rocco Saracino QUI.