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Il governo riapre al Superbonus, ma solo per i più poveri

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Il governo riapre al Superbonus per l’efficientamento energetico degli edifici. Si tratterà di una versione ridotta, destinata solo alle famiglie a basso reddito che non possono recuperare la spesa effettuata attraverso gli sconti fiscali, perché hanno una capienza fiscale troppo bassa. L’operazione dovrebbe essere presentata a breve dal governo nell’ambito della revisione del Pnrr con il RepowerEU, il piano aggiuntivo dedicato all’energia.

Ospite al convegno dell’Istituto Affari Internazionali, mercoledì scorso il ministro con deleghe al Pnrr Raffaele Fitto ha spiegato le priorità del governo: potenziare le infrastrutture energetiche e creare “un sistema che possa rafforzare dal punto di vista dell’efficientamento energetico l’azione delle imprese e delle famiglie”. La strategia, dunque, è utilizzare il Repower EU per trasformare in investimenti strutturali quelli che ora sono degli aiuti. Stando alle stime del governo, la revisione degli investimenti del Pnrr permetterebbe di trasferire sul capitolo energetico tre miliardi di euro. “È un tema – ha aggiunto il ministro – che nei prossimi giorni verrà presentato in Parlamento, anche dopo aver definito con la Commissione europea gli ultimi aspetti”.

L’informativa alle Camera è prevista per il 1° agosto. La misura per intervenire sull’efficientamento energetico degli edifici non è ancora definita nei dettagli. Dai primi rumors, il ripristino del Superbonus riguarderebbe solo i condomini, le case popolari e le residenze sanitarie, escludendo quindi le villette, quelle che più hanno beneficiato del Superbonus. A non essere ancora definita è soprattutto l’aliquota di sconto, anche se difficilmente tornerà al 110% dopo la decisa battaglia portata avanti dal governo appena instauratosi a Palazzo Chigi.

L’unica certezza riguarda i destinatari della misura: il nuovo Superbonus sarà destinato ai cittadini incapienti, ovvero quei cittadini che non hanno abbastanza capienza fiscale per scontare la spesa effettuata negli anni. Potrebbe trattarsi di una misura opportuna al fronte delle richieste di efficientamento energetico da parte dell’Ue. Soprattutto tenendo conto che, stando a un’indagine di Casa.it, il 75% delle abitazioni prese in esame appartiene alle classi energetiche meno efficienti, dalla G alla E. Solo il 12% degli immobili è in classe A. La caratteristica più importante della vecchia agevolazione, forse ancor più della percentuale, era la possibilità di ottenere lo sconto in fattura o cedere il credito d’imposta.

Gli strumenti contabili consentivano al cittadino di non sborsare grosse somme per far iniziare i lavori (sconto in fattura) o di recuperarle immediatamente (cessione del credito). Nel caso dello sconto in fattura, il recupero del credito diventava un “problema” delle ditte costruttrici e degli istituti finanziari. Le modifiche introdotte dal governo Meloni, oltre a intervenire sulle percentuali, hanno di fatto eliminato da febbraio la possibilità di ricorrere alla cessione del credito e allo sconto in fattura. Resta tuttora valida, per usufruire del bonus, solo la possibilità di recuperare le somme con la dichiarazione dei redditi in 10 o 4 anni.

Qui però si genera un limite. Infatti, il privato recupera la somma prevista per un determinato anno solo se ha maturato un debito fiscale pari o superiore. Facciamo un esempio: Tizio ha fatto dei lavori che rientrano nel bonus edilizio e deve recuperare 30.000 euro in 10 anni, quindi 3.000 all’anno. Questo recupero non è detto che avvenga tutti gli anni: se nella dichiarazione dei redditi 2024 Tizio avrà accumulato debiti fiscali (o d’imposta) per 2.000 euro, non potrà recuperare dal fisco più di questa somma. Non solo: i 1.000 euro persi non potranno essere recuperati negli anni a venire. Il governo sta quindi pensando un nuovo Superbonus che consenta anche a chi ha un reddito basso (e quindi, verosimilmente, una bassa capienza fiscale) di recuperare il credito fiscale.

Questo, non risolverebbe comunque il problema secondo il presidente della Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa: “Anche se venisse ripristinato il 110 per cento, non vi sarebbero grandi numeri senza un contestuale meccanismo che produca – per tutti, senza distinzioni all’interno dei condomini – i medesimi effetti della cessione del credito d’imposta e dello sconto in fattura”. In sostanza, pochissimi cittadini avrebbero la liquidità per intervenire sull’immobile e recuperare negli anni il credito maturato con il fisco. Inoltre, Confedilizia chiede al governo di intervenire sui crediti incagliati con il “coinvolgimento diretto di aziende statali nel farsi carico degli stessi”.

Da parte del governo ci sarebbe una disponibilità a una proroga dei lavori per i vecchi cantieri del Superbonus. Intanto, all’orizzonte se ne prospetta uno nuovo dai confini poco chiari ma in linea con le direttive europee che impongono di migliorare l’efficienza energetica gli immobili. Dopo aver ottenuto il 14 marzo 2023 l’ok dal Parlamento europeo, si è tenuto il 6 giugno a Bruxelles il primo appuntamento per avviare i negoziati ufficiali sulla direttiva Case green in cui i rappresentanti di Parlamento, Consiglio e Commissione hanno discusso per giungere ad una mediazione.

Il Trilogo decisivo tra Parlamento, Consiglio e Commissione è previsto per il 31 agosto. La direttiva prevede che gli Stati membri presentino piani nazionali per la riqualificazione energetica degli edifici in base agendo prima sul 15% degli edifici più energivori. Questi vanno collocati nella classe energetica più bassa, che in Italia è la classe G. Il testo della direttiva, ancora priva di approvazione definitiva, prevede che “Entro il primo gennaio 2030 tutti gli immobili residenziali dovranno rientrare nella classe energetica E. Tre anni più tardi sarà obbligatorio passare alla classe D. Una promozione che richiede un taglio dei consumi energetici di circa il 25%, con interventi come cappotto termico, sostituzione degli infissi, nuove caldaie a condensazione, pannelli solari. Per arrivare alle emissioni zero al 2050”.

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