“Le indagini cominciano ora. Di fronte a certi comportamenti così apparentemente incauti l’alternativa è chiara: o Matteo Messina Denaro si sentiva tanto potente da essere certo che non lo avrebbero arrestato, o si è fatto arrestare non facendo nulla per nascondersi’’. Lo ha detto il togato del Csm e pm antimafia, Nino Di Matteo, ospite di “Atlantide” su La7. “L’arresto di Matteo Messina Denaro è una tappa importante nella lotta alla mafia ma è oggettivamente scandaloso che oggi, in un’epoca di tecnologie avanzate e con la preparazione delle nostre forze di polizia, un soggetto resti latitante per 30 anni”.
“In questi anni sulla latitanza di Messina Denaro si è detto di tutto: che fosse morto, che si fosse rifatto i connotati o che abitasse all’estero. Le cronache di questi giorni ci dicono invece che è stato rintracciato a casa sua, il suo volto è uguale a quello delle foto della polizia. Ha abitato a Campobello di Mazara, ha girato con il documento di un’altra persona che abitava nello stesso posto, è stato arrestato in una clinica frequentata da centinaia di persone, aveva un cellulare con cui scambiava messaggi con altri pazienti e si scattata selfie”.
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“Quello che si può auspicare è che Matteo Messina Denaro possa collaborare, dire tutto quello che sa. La storia di Cosa nostra ci ha insegnato che queste sono scelte personali e imprevedibili. Se ci fosse una collaborazione seria e effettiva segnerebbe un salto di qualità nella lotta al sistema mafioso. Lo Stato deve mostrare di volerla cercare quella collaborazione – ha ammonito – senza avere paura di fare certe domande e di indagare su cose molto scomode. In Italia ci sono magistrati in grado di gestire collaborazioni delicate, l’importante è che la magistratura, e soprattutto lo Stato, dimostrino di non avere paura’’.
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