Niente armi, ma profumi di lusso, abiti firmati e arredamento ricercato. “L’abitazione di una persona normale”. Così gli investigatori definiscono il covo dell’ex superlatitante Matteo Messina Denaro, arrestato ieri mattina a Palermo mentre si trovava presso la clinica “La Maddalena” per delle cure oncologiche. La “tana” del feroce boss si trova in pieno centro a Campobello di Mazara, nel Trapanese. Gli uomini dell’Arma hanno iniziato a perquisire l’appartamento a partire dalla notte scorsa. Al momento si va alla ricerca di documenti o indizi che possano far risalire ai fiancheggiatori che hanno supportato la latitanza del “padrino” di mafia.
Messina Denaro, oltre 4 miliardi di patrimonio: ora è caccia ai fiancheggiatori
Ricerche serrate pure per scovare eventuali nascondigli all’interno di quello che definire “covo” potrebbe essere improprio. Si tratterebbe di una abitazione della zona centrale della cittadina, nessuna via di fuga particolare, nessuna riservatezza che potrebbe far pensare al nascondiglio di un criminale. Secondo i vicini di casa sarebbe stato un tipo gentile, di non molte parole ma sempre affabile. Lo definiscono “normale”.
“Un appartamento ben ristrutturato, confortevole” dice il colonnello Fabio Bottino, comandante provinciale dei Carabinieri di Trapani “si comprende che le condizioni economiche del latitante erano discrete, buone. Un arredamento ricercato, oggetti di un certo tenore, non proprio di lusso ma di apprezzabile valore”.
Trovato il covo di Messina Denaro: dentro niente armi, ma profumi e abiti firmati
Per quanto riguarda il medico che aveva in cura Messina Denaro “ci sono indagini a diversi livelli” spiega il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia rispondendo ai cronisti sull’iscrizione di un sanitario nel registro degli indagati. Adesso occorre identificare “la rete di protezione che gli ha permesso di curarsi sotto falsa identità”. Da qui la necessità di “procedere indagando chi ha creato la prima documentazione sanitaria cioè il medico, poi gli accertamenti sono in corso e vedremo il livello di responsabilità”.
Carcere duro. La Dda di Palermo, inoltre, ha chiesto il 41 bis per il boss che da ieri si trova in carcere a L’Aquila, in Abbruzzo. La richiesta è stata firmata direttamente dal Procuratore Maurizio De Lucia e dell’aggiunto Paolo Guido, che hanno coordinato l’indagine che ha portato alla cattura. Ora sarà il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, a firmare il 41 bis.
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