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Messina Denaro, 30 anni di latitanza: chi è l’ultimo “padrino” arrestato oggi

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Matteo Messina Denaro è stato arrestato dopo una latitanza di 30 anni. E la cattura del boss mafioso è arrivata a 30 anni esatti dall’arresto di Toto Riina, preso il 15 gennaio 1993. Una latitanza record, trent’anni trascorsi sotto traccia prima dell’arresto di oggi da parte dei carabinieri del Ros in una clinica privata di Palermo dove si era recato per effettuare alcune terapie. L’ex Primula rossa, indicato dall’Europol nel 2016 tra i latitanti più pericolosi d’Europa, dopo l’arresto di Totò Riina e Bernardo Provenzano, era ritenuto capo di Cosa nostra, ultimo grande latitante di mafia.

Figlio del capomafia di Castelvetrano, Francesco Messina Denaro e alleato dei corleonesi già dalla guerra di mafia dei primi anni ’80, nel 1992 fece parte del gruppo di fuoco scelto per uccidere Giovanni Falcone e il ministro Claudio Martelli, usando kalashnikov, fucili e revolver, che lui stesso aveva procurato. Lo stop all’attentato a Roma fu dato da Riina, che decise che il magistrato dovesse essere ammazzato a Palermo. L’ex super latitante è stato condannato all’ergastolo per gli omicidi, tra l’altro, del piccolo Giuseppe Di Matteo, sequestrato per costringere il padre Santino a ritrattare le sue rivelazioni sulla strage di Capaci, strangolato e poi sciolto nell’acido; e per le stragi del 1992 costate la vita a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Un ruolo importante “U siccu” e “Diabolik” come venne soprannominato lo ebbe anche nelle stragi del 1993 in Continente per le quali è stato condannato all’ergastolo. Dopo l’arresto di Riina, Messina Denaro fu favorevole alla continuazione della strategia stragista. La sua lunga latitanza inizia nell’estate del 1993, quando nei suoi confronti viene emesso un mandato di arresto. Fu, però, solo nel gennaio del 1996 con l’operazione “Omega” dei carabinieri che emerse il suo ruolo di primo piano all’interno di Cosa nostra trapanese grazie anche alle dichiarazioni dei pentiti che ricostruirono 20 anni di omicidi.

Nel 2000, al termine del maxi processo “Omega” nato proprio da quel maxi blitz e che si celebrò nell’aula bunker del carcere di Trapani, che Messina Denaro venne condannato in contumacia alla pena dell’ergastolo. Negli anni gli investigatori hanno stretto il cerchio attorno all’ormai ex superlatitante, arrestando fiancheggiatori, prestanomi e uomini a lui vicini. Oggi, dopo 30 anni, e all’indomani dell’anniversario dell’arresto di Totò Riina, la fine della sua latitanza.

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