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Mafia, maxiprocesso dei Nebrodi: condanne per oltre 600 anni

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Condanne per complessivi 600 anni sono state emesse nella tarda serata di ieri dal tribunale di Patti (Messina) nel maxiprocesso sulla mafia dei Nebrodi, che vede alla sbarra 101 imputati. La lettura del dispositivo del Presidente Ugo Scavuzzo è durata quasi un’ora. La pena più alta emessa nel processo riguarda Salvatore Faranda, condannato a 30 anni di reclusione. 91 in tutto le condanne emesse e 10 le assoluzioni.

“Le truffe sono state riconosciute per buona parte. Resta il fatto che su quella parte di territorio della provincia di Messina le truffe hanno costituito la principale fonte di arricchimento sia del gruppo mafioso dei Batanesi sia del gruppo dei Bontempo Scavo, ma teniamo conto che è solo la sentenza di primo grado”. Così il Procuratore aggiunto di Messina Vito Di Giorgio dopo la lettura della sentenza. “È stata riconosciuta la mafiosità per i Batanesi mentre per il gruppo dei Bontempo Scavo no”, aggiunge. Per il pm Di Giorgio “buona parte delle truffe contestate hanno retto, è stata riconosciuta l’esistenza del 640 bis, in alcuni casi aggravata. Sicuramente questo è un aspetto importante”. Ma “è un dispositivo talmente complesso che va letto attentamente”. 

Giuseppe Antoci, in lacrime, subito dopo la lettura della sentenza. Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi, vittima di un attentato per avere introdotto il “protocollo della legalità” con cui si dava trasparenza al sistema degli affitti dei terreni ha commentato: “È un momento importante perché questo paese ha bisogno di risposte, da questa esperienza esce la risposta di un territorio che ha fatto il suo dovere. Abbiamo fatto quello che andava fatto, abbiamo superato il silenzio e abbiamo fatto capire che i fondi europei dovevano andare solo alle persone per bene e non ai capimafia”.

“Quest’aula stasera ha dato un segno di libertà – dice – ma anche di dignità. Queste condanne che mi addolorano, perché in fondo non è proprio una vittoria quando le persone vanno in carcere. La lotta alla mafia non si può fare solo con la repressione ma va fatta ogni giorno. Questa esperienza dimostra che da un piccolo territorio nasce un protocollo di legalità che la Commissione europea considera tra i più importanti. Rompiamo questo muro di silenzio”. 

 

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