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Blitz nel Palermitano, decapitati i vertici del clan Misilmeri-Belmonte

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Blitz antimafia questa notte tra Belmonte Mezzagno e  Misilmeri, nel Palermitano, che ha portato all’arresto di sei persone. Secondo i carabinieri che hanno effettuato l’operazione, è stato un duro colpo per il clan di Misilmeri-Belmonte che adesso si ritroverebbe con i suoi nuovi capi in cella. Pizzo a imprenditori e commercianti, ma i tentacoli della mafia arrivavano fino alla gestione dell’attività di trasporto di malati e di servizi funebri. Tra gli episodi di estorsione scoperti durante l’inchiesta, pure quello ai danni di un imprenditore edile che si stava occupando della realizzazione di un grande impianto di rifornimento di carburanti.

Ma la lente d’ingrandimento degli investigatori è finita pure sulle estorsioni subite dal proprietario di diversi supermercati e da un altro di un’azienda avicola. Secondo le ricostruzioni, per mantenere il controllo e il dominio del territorio, sarebbero stati commessi omicidi oltre a imporre il pizzo a tappeto ai commercianti della zona. A finire in carcere, tra i sei, ci sarebbero boss e gregari. Un’organizzazione pienamente operativa con una nuova scala gerarchica che imponeva le “regole” mafiose. Secondo i magistrati a guidare il clan, riformatosi secondo regole ferree, condizionando il tessuto socio-economico dell’intera area, ci sarebbe Michele Sciarrabba. Secondo chi indaga, infatti, quest’ultimo sarebbe il nuovo capofamiglia di Misilmeri, figlio del boss mafioso Salvatore.

Per i militare, il braccio destro sarebbe invece Alessandro Ravesi. L’operazione “Fenice”, così è stata denominata l’inchiesta, si è avvalsa pure di oltre un anno di intercettazioni. Per gli agenti, quindi, sarebbero i due a coordinare le attività nei settori tipici di controllo di Cosa nostra: ordine sul territorio, risoluzione delle controversie tra privati che si rivolgevano alla mafia invece che allo Stato. Intercettazioni e servizi di pedinamento avrebbero permesso di svelare il sistema di “solidarietà” tra gli affiliati al clan nei confronti dei familiari dei sodali in carcere a cui sarebbe stato garantito il sostentamento.

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