Blitz antidroga allo Zen 2 di Palermo dove sono finite in manette 5 persone accusate di spaccio di stupefacenti in concorso. La custodia cautelare è scattata per tre uomini e due donne. In carcere sono finiti M. G., classe 53 anni, pluripregiudicato (che già si trova in carcere per altri reati); C. G., di 38, pluripregiudicato. Agli arresti domiciliari con l’applicazione del braccialetto elettronico invece, A.R., 36 anni, pregiudicata; A.C., ci 35 pregiudicata e L.I K., di 19.
“Secondo gli elementi fin qui raccolti – spiegano dalla questura di Palermo – si sarebbero resi responsabili, in concorso tra loro, dello spaccio di sostanze stupefacenti, posto in essere in modo stabile e continuativo sotto la direzione di M. G.“. Quest’ultimo, secondo gli investigatori, avrebbe creato un’organizzazione a conduzione familiare “per garantire l’attività di spaccio attiva a qualsiasi ora del giorno e della notte, avvalendosi della collaborazione delle donne di casa – tra le quali anche una minorenne”.
In soli 10 giorni sarebbero state registrati ben 32 episodi di cessione, prevalentemente di eroina. Dalle ricostruzioni, emergerebbe il ruolo centrale di “capo” ricoperto da M. G., nei confronti del quale “sono state ritenute sussistenti le aggravanti di aver diretto l’attività delle persone concorse nel reato, nonché l’aggravante di avere indotto a commettere il reato persona dedita all’uso di sostanze stupefacenti”.
Nei confronti dei primi quattro arrestati è stata riconosciuta l’aggravante di essersi avvalsi di un minorenne per commettere il delitto o per averlo commesso in concorso con chi, all’epoca dei fatti, era ancora minorenne. L’eroina scorreva a fiumi allo Zen e il viavai dei clienti proliferava soprattutto nelle zone più tristemente conosciute come “I muntaruozzi”, “Nu miezzu”, “il camion verde”, “a casa”. I consumatori, a colpo sicuro, contattavano indifferentemente “uno degli indagati che – anche mettendosi in contatto con altro sodale – si rendeva immediatamente disponibile a rifornire l’acquirente”.
“La centrale dello spaccio promanava dalle abitazioni di M.G. e C.G. per poi districarsi nel cosiddetto ‘mezzo’ – una sorta di cortile lungo a cavallo tra due padiglioni alle Zen – ed è da considerarsi una vera e propria ‘fucina di cessioni al minuto’, che si estrinsecava mediante la vendita di piccole dosi di sostanza, così da eludere eventuali interventi delle forze di polizia”. L’indagine avrebbe fatto luce pure su un collaudato sistema di pagamento “a credito” che avrebbe poi portato gli indagati a richiedere le cospicue somme di denaro da parte dei tossici “disposti a tutto pur di drogarsi”. Dall’inchiesta emergerebbe pure il ruolo delle due donne accusate di custodire lo stupefacente, gestire i rapporti con i clienti, tenere la contabilità