“Punto al meglio, non farò il governo col manuale Cencelli“. Giorgia Meloni cerca di stringere i tempi per la composizione del governo, per portare a Palazzo Chigi una squadra di altro profilo. Concetto, non a caso, riportato nella nota congiunta diffusa al termine dell’incontro di ieri ad Arcore con Silvio Berlusconi. La presidente di Fratelli d’Italia, infatti, è volata a Milano per un saluto alla Coldiretti, sua prima uscita pubblica post elettorale, ma prima di parlare alla platea di imprenditori agricoli, va a Villa San Martino, residenza storica del Cav per capire di persona quali siano le reali intenzioni del leader azzurro sulle priorità dell’agenda politica del futuro esecutivo e i desiderata di FI sul risiko dei ministeri. Per qualcuno si sarebbe affrontato anche il caso Moratti.
Niente luogo neutro, stavolta, per un faccia a faccia definito ”costruttivo” che di fatto “viola” la promessa fatta dalla Meloni più volte in passato, che non avrebbe più partecipato a vertici di centrodestra a casa Berlusconi. Ma dalle parti di via della Scrofa fanno notare che si trattava di una chiacchierata informale, l’occasione anche per fare gli auguri di compleanni al fondatore della coalizione, che giovedì scorso ha spento 86 candeline. Meloni continua a mantenere la consegna del silenzio sul team governativo, ma il totonomi impazza e, secondo alcune indiscrezioni, si profilerebbero due linee di pensiero sulle trattative in corso. Da una parte c’è una forza di maggioranza che pensa a costruire la squadra migliore possibile per l’Italia; dall’altra ci sono gli alleati, che, come dice con una battuta un esponente di spicco del centrodestra, che “rompono le scatole” e rivendicano le loro pretese.
È proprio sulla tipologia dei profili, infatti, che si sta giocando la partita interna al centrodestra. In un’intervista a La Stampa, Berlusconi ha sbarrato la strada ai “tecnici puri” (”Se esistessero, la politica diventerebbe inutile”) ma, secondo il ragionamento che si fa in queste ore ai piani alti di Fratelli d’Italia, un conto sono nomi di alto livello, come quello del coordinatore nazionale di Fi Antonio Tajani (dato in pole per gli Esteri o la Difesa), un altro conto sono soluzioni diverse, che potrebbe suonare più problematiche. Dirimente è sempre il nodo Viminale, che una volta sciolto, a cascata potrebbe favorire la composizione del puzzle governativo. E qui, raccontano, un discorso a parte va fatto per quanto riguarda le aspirazioni di Salvini, che non ha mai fatto mistero di gradire un ritorno al ministero dell’Interno.
Più che il presunto veto di Meloni – peraltro smentito nei giorni scorsi dalla diretta interessata in un post sui social – sulle ambizioni del Capitano pesano fattori di altro tipo, come ad esempio il processo Open Arms che lo vede imputato davanti al Tribunale di Palermo e che potrebbe rappresentare uno scoglio non di poco conto al momento del vaglio quirinalizio. Nonostante le smentite di rito, sul tavolo dell’incontro ad Arcore, ci sarebbe stato il dossier ministri per FI. Oltre a Tajani, nomi azzurri che circolano con insistenza anche quelli dai capigruppo Paolo Barelli e Anna Maria Bernini (già ministro per le Politiche dell’Unione europea) e Licia Ronzulli, presente all’incontro a Villa San Martino, come riferiscono fonti azzurre.
Secondo alcune indiscrezioni, sulla fedelissima del Cav sarebbero stata manifestata qualche perplessità. Per lei si parla con insistenza di un posto all’Istruzione o alla Salute, casella quest’ultima che vedrebbe in campo anche un altro azzurro, il vicepresidente uscente della Camera, Andrea Mandelli, non rieletto in Parlamento. Pure Alessandro Cattaneo, attuale responsabile dei Dipartimenti del partito forzista, viene dato in corsa un posto al governo.