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Truffa sui fondi Ue in agricoltura, tredici arresti tra l’Ennese e Catania

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Tredici misure cautelari sono state eseguite all’alba di oggi dalla guardia di finanza di Nicosia nei confronti di altrettante persone accusate di interposizione fittizia, truffa, falso, reimpiego di capitali illeciti, utilizzo di fatture per operazioni inesistenti nonché illeciti previsti dal decreto legislativo 231/2001 in tema di responsabilità degli enti. Inoltre, sono stati sequestrati 3 milioni di euro come corrispettivo dei “delitti tutti di competenza della Procura ordinaria commessi nel territorio di Centuripe, Regalbuto, Troina, Adrano, Catania e Randazzo”.

In sette sono finiti in carcere, tra questi un avvocato del Foro di Catania, l’ex direttore dell’ Azienda Speciale Silvo Pastorale del Comune di Troina. Altri sei indagati sono agli arresti domiciliari. Nel corso delle operazioni sono stati effettuati sequestri di somme di denaro, di due società e altrettanti complessi aziendali per un valore di oltre 3.000.000 di euro. Inoltre è stata applicata ad altre due società la misura dell’interdizione dall’esercizio dell’attività. “I soggetti destinatari delle misure cautelari – spiegano le Fiamme Gialle – sono gravemente indiziati di aver fittiziamente attribuito, la titolarità delle proprie aziende e di alcune proprietà immobiliari al fine di continuare a percepire contributi comunitari erogati nell’ambito della P.AC. (la politica agricola comunitaria, ndr) giacché impossibilitati a conseguirli in quanto destinatari di interdittiva antimafia”.

Secondo l’ipotesi accusatoria formulata dalla Procura e ritenuta dal gip, ci sarebbero gravi indizi per affermare che gli indagati sarebbero riusciti, prima, ad assicurarsi indebitamente l’accesso agli aiuti comunitari e, poi, “tramite operazioni di ripulitura del denaro di provenienza delittuosa, quali l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, a rientrare nella disponibilità delle medesime ricchezze”. Gli indagati, grazie alla presunta complicità del direttore dell’epoca dell’azienda Silvo Pastorale, sarebbero riusciti ad “addivenire all’accaparramento incondizionato di pascoli demaniali, per un totale di oltre 1.181 ettari, al fine dell’illecita percezione di erogazioni pubbliche, senza il rispetto delle procedure c.d. ‘ad evidenza pubblica’, aggirando fraudolentemente le regole previste dal c.d. ‘codice antimafia’ ”.

I corrispettivi previsti dai contratti sarebbero stati poi frazionati per eludere il “codice antimafia” che prevede una soglia di  150.000 euro oltre la quale risulta obbligatorio per la pubblica amministrazione richiedere l’informativa antimafia (che nel caso di specie avrebbe certamente inibito l’accesso alle assegnazioni dei pascoli ad alcuni degli indagati, così come successivamente accaduto). Per contrastare le condotte fraudolente, nel 2015 erano state fissate delle lince guida tra la Prefettura di Messina e l’Ente Parco dei Nebrodi, oramai divenute legge nazionale – con le quali è stato stabilito un muovo e più stringente obbligo.

È proprio grazie alle nuove lince guida che è intervenuta la rescissione dei contratti in precedenza stipulati con l’ASSP di Troina, con la conseguente perdita delle contribuzioni di origine pubblica. “Dall’attività di indagine – aggiungono le Fiamme Gialle –  è altresì emerso che taluni degli indagati sono collegati da rapporti di parentela e/o affinità con soggetti già condannati in via definitiva per il delitto di cui all’art 416 bis c.p. in quanto esponenti di rilevo delle famiglie di cosa nostra operanti nelle zone di Centuripe Regalbuto e Troina”.

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