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Pestaggio omofobo a Palermo, massacrata dal branco in pieno giorno: il racconto della vittima

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Pestata a sangue perché “non si capisce molto se sono maschio o femmina“: è successo il 31 maggio scorso a Palermo, vittima una ragazza oggetto di una brutale aggressione mentre si recava ad un colloquio di lavoro al centro commerciale Forum. Giada Tripi è stata affrontata da una baby gang che l’ha massacrata con calci, pugni e ingiurie di ogni tipo. È stata colpita con violenza pure dopo essere stata scaraventata per terra. La sua colpa? Quella di vestirsi in modo poco femminile. Impresa ardua quella di fornire un resoconto di “fredda cronaca” nel momento in cui gesti così vili sembrano essere perpetrati da individui che possono essere definiti esseri umani soltanto per approssimazione. Le parole di Giada, del resto, raccontano meglio di qualunque considerazione la crudeltà dell’accaduto che purtroppo non è il primo che si verifica a Palermo


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Sono stata vittima di omofobia e di una violenza non immaginabile”, racconta. “Mi trovavo nel posto sbagliato al momento sbagliato? Non lo so. So solo che mi stavo recando ad una semplice prova di lavoro presso il centro commerciale Forum. Un gruppo di cinque ragazzini senza alcun motivo ha iniziato a deridermi, denigrarmi per il modo in cui mi vesto (come tutti d’altronde), per i capelli corti e per il fatto che non si capisce molto se sono ‘maschio o femmina’. Di questa brutta storia c’è però un ‘lato positivo’, ovvero che l’aggressione è avvenuta al centro commerciale e quindi sono state prese le registrazioni che filmano questo gruppo di ragazzini”.

Il 30 maggio 2021, una coppia di turisti torinesi era stata aggredita dal “branco” nella centralissima via Maqueda. Sempre lo stesso copione, l’accerchiamento, gli insulti, poi il massacro. L’indifferenza della gente. Qual era la colpa? Si tenevano per mano. In quel caso non erano bastate le botte a mani nude, ma erano state usate delle bottiglie di vetro. Con Giada si sono “limitati” ai calci e ai pugni in testa mentre era riversa per terra. Una lenta esecuzione eseguita, secondo il suo racconto, sotto gli occhi di testimoni che non avrebbero mosso un dito.

“Chi stava facendo shopping o si stava recando dentro il centro commerciale si nascondeva nell’indifferenza perché ‘non tocca loro’ – racconta ancora –  e infatti, mi hanno tolto questi ragazzini di dosso nel momento in cui tutti e cinque si stavano divertendo a picchiarmi violentemente mentre io ero a terra. Sono scappati non appena hanno capito che si sarebbero messi nei guai. Non auguro mai a qualcuno di ritrovarsi in queste circostanze e pensare ‘sto morendo?’, ‘cosa ho fatto di male?’, ‘è colpa mia?'”. Sempre secondo il racconto della vittima, gli aggressori si sarebbero pure vantati del raid omofobo, informazione che la ragazza avrebbe saputo da chi ha poi tentato di sostenerla.

“Ovviamente ho sporto denuncia perché non ho intenzione di stare in silenzio solo perché lo Sperone è il quartiere che è. Non ho paura di combattere per i miei diritti e la mia libertà di espressione, per il mio orientamento sessuale ma in generale per la mia persona.
Diritti che tra l’altro vengono protetti dalla costituzione stessa e da leggi internazionali.
Quello che mi è successo non è solamente la mia lotta, ma appartiene anche a chi subisce violenze sulla base di altre ragioni”.

 

 


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