Vaiolo delle scimmie e trasmissione per via sessuale, dopo le parole dell’Ecdc sul tema – i casi “sono stati diagnosticati principalmente tra gli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini, il che suggerisce che la trasmissione potrebbe aver luogo durante le relazioni intime” – si apre il dibattito sulla possibilità che si tratti di una malattia sessualmente trasmissibile, ma anche sul pericolo di una nuova “ghettizzazione” della comunità omosessuale. Ecco il parere di Andreoni, Pregliasco, Iardino e Gismondo.
Vaiolo delle scimmie, nel Lazio 15 persone in isolamento
Massimo Andreoni, primario di infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit). “È un errore considerare il vaiolo delle scimmie una malattia sessualmente trasmessa. Noi consideriamo questo genere di patologie quando il contagio avviene prevalentemente attraverso la via sessuale e questo non è il caso del vaiolo delle scimmie che si trasmette per contatti stretti tra persone o per via aerea con le goccioline di saliva. E’ ovvio che qualsiasi patologia che si trasmette con un contatto stretto vede nel rapporto sessuale un possibilità che aumenta il contagio, ma dobbiamo fare attenzione, altrimenti dovremmo considerare la varicella o il morbillo o anche il Covid come malattie sessualmente trasmissibili. Il recente focolaio, partito da una festa alle Canarie dove c’erano maschi che fanno sesso con altri maschi – precisa – non deve essere il pretesto per additare una intera comunità, altrimenti c’è il rischio di creare uno stigma come avvenuto in passato con l’Hiv”.
Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università Statale di Milano. “Evidenziare le caratteristiche oggettive della casistica attuale” del focolaio di vaiolo delle scimmie che sta crescendo in particolare in Europa “non autorizza, né giustifica, atteggiamenti di stigma o toni discriminatori nei confronti di nessuno”. Quando si rimarca una casistica di “tutti uomini tranne una donna, ad oggi – sottolinea l’esperto – significa riportare appunto “un dato oggettivo” e da parte delle autorità sanitarie “non è che si può fare altrimenti”. Per Pregliasco va certamente puntualizzato che “il rischio riguarda il contatto sessuale in genere”, in quanto contatto molto stretto per definizione. “Il fatto poi che in una quota di maschi che fanno sesso con maschi ci possa essere una maggiore promiscuità aumenta questo rischio”, aggiunge il medico.
Rosaria Iardino, presidente della Fondazione The Bridge, che cominciò, da sieropositiva all’Aids, la sua battaglia contro le discriminazioni con il famoso bacio all’immunologo Ferdinando Aiuti. I casi di vaiolo delle scimmie “rischiano di tornare a ghettizzare le persone per il loro orientamento sessuale. E non ha senso. Si parte dall’assunto che la sessualità omosessuale sia differente rispetto alla sessualità del resto della popolazione. Ma alcune pratiche, in cui si identifica una fragilità, possono essere adottate in tutte le coppie, etero e non etero. Il grande pericolo è che si torni a ghettizzare una fascia di popolazione che non ha nulla anche vedere con la trasmissione della malattia. Sono dell’idea che come è avvenuto per altre patologie a trasmissione sessuale, non solo l’Aids – continua Iardino – se andiamo a vedere bene i dati, troviamo una maggior frequenza nella comunità omosessuale perché è quella che si reca di più in ospedale, e i cui casi vengono quindi segnalati. Ma ce ne sono tantissimi di malattie sessualmente trasmesse nella popolazione eterosessuale che vengono gestiti dal medico di famiglia senza che ci siano segnalazioni”.
“Quello che possiamo dire – continua – perché è scientificamente provato, che alcune pratiche sessuali sono più a rischio. Non sono le persone ad essere imputabili. L’orientamento sessuale non determina malattia, bisogna essere chiari. Anche in questo caso il preservativo è un importante strumento di protezione. Serve fare prevenzione in tutti quei luoghi dove c’è promiscuità”.
Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano. “Ribadisco che in questo momento per il vaiolo delle scimmie il rischio è bassissimo” anche per la natura autolimitante dell’infezione, “i casi sono sparuti” se dimensionalmente rapportati alla popolazione e “dobbiamo stare tranquilli”. Ma soprattutto, “dobbiamo assolutamente evitare certi errori di comunicazione commessi all’inizio dell’epidemia di Hiv. L’aver comunicato a livello nazionale e internazionale l’attivazione della rete delle infezioni sessualmente trasmesse”, secondo l’esperta “ha diffuso l’idea di una trasmissione solo sessuale” del “monkeypox”. Il vaiolo delle scimmie “è certamente un’infezione che si trasmette attraverso stretto contatto e, ovviamente, quello sessuale è uno dei contatti stretti che possono facilitarla. Ma non bisogna assolutamente stigmatizzare questo aspetto – insiste la microbiologa – ed è necessario fare molta attenzione ai messaggi che si danno e a come potrebbero essere interpretati”.