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Condominio, è possibile vietare le attività al suo interno?

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Studi medici, ma anche magazzini e attività commerciali. E ancora palestre e studi professionali. Un condominio, al suo interno, può avere diverse attività – a volte rumorose – non sempre gradite ai condomini che guardano con rassegnazione entrare e uscire clienti dall’edificio ogni giorno. Ma è possibile vietarle con l’aiuto della legge? La risposta è sì, ma solo ad alcune condizioni. A spiegare quali è il sito di informazione legale La Legge Per Tutti.

Così come ricorda la Cassazione, solo il regolamento di condominio o una delibera assembleare possono vietare ai condomini di svolgere determinate attività all’interno dei propri condomini. Ma in entrambi i casi va raggiunta l’unanimità. Quindi – spiega il sito di informazione legale – se si tratta di una delibera, è necessario che all’assemblea partecipino tutti i condomini e ciascuno di questi voti a favore dell’introduzione della limitazione. Se invece si tratta del regolamento, l’unanimità viene raggiunta anche in un altro modo: nel momento in cui ciascun condomino acquista la propria unità immobiliare, insieme al rogito notarile viene allegato o richiamato il regolamento, che così viene anche accettato in ogni sua parte; si raggiunge così l’unanimità seppur in momento temporalmente tra loro distinti”. 

La Cassazione, spiega ancora La Legge Per Tutti, “ha più volte detto che, per vietare di svolgere un’attività all’interno del condominio, è necessario che la clausola sia sufficientemente precisa e specifica. Ad esempio è stato escluso che il divieto di svolgere attività di pensioni e alberghi possa estendersi ai bed&brekfast o agli affittacamere. Così anche il generico divieto di attività rumorose non può essere considerato un limite a qualsiasi attività commerciale: lo potrebbe essere per una scuola da ballo, un asilo, una palestra, ma non anche un ambulatorio medico, un’assicurazione, uno studio professionale. Insomma – recita il sito – la clausola limitativa dei diritti individuali non può essere suscettibile di interpretazione analogica a ipotesi dalla stessa non specificamente considerate”.  

Ma allora per chi vale il limite di svolgere attività in condominio? “Una volta approvato il divieto di svolgimento di determinate attività in condominio bisogna fare in modo che lo stesso sia efficace non solo per coloro che, in quel momento, sono proprietari delle unità immobiliari ma anche per coloro che lo saranno in futuro, a seguito ad esempio di compravendita o successione ereditaria. Ebbene, in questi casi, per poter opporre anche ai terzi le clausole limitative del regolamento, è necessario che il regolamento medesimo sia trascritto nei pubblici registri immobiliari o quantomeno venga annotata la clausola in questione”. 

Come? “Le possibilità, sostanzialmente, sono due. Il caso tipico – spiega ancora La Legge Per Tutti – è rappresentato dal regolamento redatto dal costruttore che, prima di procedere alla vendita del primo immobile, redige il regolamento che viene poi allegato al primo contratto di vendita. In questo modo, trascritta la vendita, si trascrive il regolamento. Nel caso di regolamento contrattuale assembleare, il problema si complica, ma non di molto. Approvato il regolamento da parte dell’assemblea, bisogna rivolgersi ad un notaio per il deposito dell’atto e chiedere la relativa trascrizione. La giurisprudenza ha ritenuto comunque opponibili a terzi le clausole limitative del regolamento anche quando questo sia stato semplicemente richiamato o allegato all’atto di vendita o di donazione, mettendo così il cessionario a conoscenza del divieto. Lo stesso dicasi in caso di affitto: il locatore deve informare il conduttore del fatto che determinate attività non possono essere svolte all’interno del fabbricato, diversamente quest’ultimo può chiedere la risoluzione del contratto”, conclude il sito di informazione legale.

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