La polizia di Stato di Caltanissetta il 1 marzo ha arrestato due giovani sospettati di aver consumato la rapina perpetrata ai danni di una gioielleria del centro di Piazza Armerina. Alle dieci di quella mattina, infatti, si sono introdotte all’interno del punto vendita nel centro storico e dopo aver minacciato le due donne presenti si sono impossessati di oggetti preziosi di ingente valore. Alcuni cittadini hanno subito contattato gli agenti che sono intervenuti dando il via alle indagini. In pochi minuti, i poliziotti della Squadra Mobile di Enna e del Commissariato di Piazza Armerina, hanno raccolto alcuni indizi utili per indirizzare le indagini nel territorio di Gela individuando il covo dei presunti autori del reato.
Poco prima dell’ingresso nell’abitazione del sospettato, un giovane si è dato alla fuga per essere poi raggiunto dagli investigatori dopo ore di ricerca. Il giovane trovato all’interno dell’abitazione era insieme alla moglie e grazie alla perquisizione è stato possibile ritrovare parte di gioielli all’interno dell’aspirapolvere e, successivamente, in soffitta è stato rinvenuto il borsone utilizzato dagli indagati per portare via tutti i monili, con all’interno parte della refurtiva. I sospettati sono stati arrestati per rapina aggravata. Un testimone ha riconosciuto uno di loro poco prima che entrasse in gioielleria, avvalorando quanto ricostruito dagli investigatori.
Inoltre, uno dei due era già sorvegliato speciale di Pubblica Sicurezza in quanto soggetto pericoloso, pertanto è stato arrestato anche per la violazione delle norme specifiche previste dal codice antimafia. Agli indagati è stato anche contestato il reato di ricettazione in quanto il veicolo utilizzato per perpetrare la rapina era stato rubato pochi giorni prima e perché trovati in possesso di una collana di valore rubata presso un’altra gioielleria.
Le indagini hanno permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati. La Procura della Repubblica di Gela ha richiesto al gip la convalida dei due arresti e l’applicazione della misura cautelare in carcere dove adesso si trovano gli indagati.