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All’estero ma con l’assegno sociale dell’Inps, maxi truffa nel Messinese

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Maxi truffa ai danni dello Stato nel Messinese dove i finanzieri del Comando provinciale del capoluogo peloritano hanno sequestrato oltre 200mila euro ed eseguito un provvedimento cautelare nei confronti di sette persone accusate di aver percepito illecitamente l’assegno sociale. Si tratta del contributo che ha sostituito la vecchia pensione sociale. Tutti sono di origini siciliane. Il beneficio ha natura marcatamente assistenziale – essendo destinato a coloro che versano in condizioni economiche manifestamente disagiate – ed è erogato dall’Inps in tredici mensilità.

La sua concessione è vincolata non solo al rispetto di determinati requisiti reddituali, ma anche e soprattutto a requisiti anagrafici: essere cittadini italiani di età superiore a 66 anni e 7 mesi, con stabile e continuativa dimora nel territorio italiano per almeno 10 anni. Non è sufficiente il mero dato formale della residenza e l’eventuale prolungato soggiorno all’estero diventa causa di perdita della prestazione previdenziale. Proprio questa ultima circostanza, quindi, costituisce il principale elemento su cui si è focalizzata l’attenzione investigativa.

I sette indagati, infatti, solo formalmente, risultavano essere rientrati in Italia da paesi sud americani o europei, aver ottenuto la residenza in piccoli comuni della fascia jonica della provincia peloritana (S. Alessio Siculo, Limina, Roccalumera), per poi, anche nel giro di pochi mesi, presentare richiesta di percezione del beneficio. Gli accertamenti disposti dalla Procura della Repubblica di Messina, tuttavia, avrebbe restituito una realtà completamente diversa, emergendo come si trattasse di un mero “fittizio trasferimento della residenza in Italia non appena raggiunta l’età minima per accedere alla prestazione previdenziale”.

Dai comportamenti documentati dalle indagini emergerebbe che per simulare il requisito della dimora abituale richiedevano di mantenere la residenza presso abitazioni di fatto mai abitate; dimorando stabilmente in Sud America risultavano iscritti nelle liste di locali medici di base, senza che questi avessero mai effettuato visite domiciliari o addirittura averli mai conosciuti o ancora documentassero l’acquisto di medicinali presso farmacie del comprensorio (evidentemente avvalendosi dell’ausilio di terzi soggetti, verosimilmente in possesso della tessera sanitaria agli stessi intestata).

Ancora, per simulare il requisito reddituale, in un caso, emergeva come il richiedente il beneficio previdenziale avesse rappresentato una fittizia separazione dal coniuge, persino omettendo di dichiarare l’attualità dell’esercizio della propria professione di architetto. In definitiva, secondo ipotesi d’accusa, un’articolata catena di false dichiarazioni e varie condotte artificiose, “proditoriamente finalizzate” – nel loro complesso – “a trarre in inganno l’Ente erogatore in ordine alla sussistenza”, in capo ai cittadini richiedenti, “dei requisiti di legge” per il riconoscimento del beneficio economico. Il gip di Messina ha quindi disposto il sequestro per equivalente delle somme indebitamente percepite, negli anni dal 2016 al 2021, per un importo complessivo pari a 203.653,00 euro.

 

 

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