Verso la fine della pandemia? Forse è presto per dirlo ma secondo Franco Locatelli, coordinatore del Comitato tecnico scientifico, pare stia terminando la fase più dura. “Si sta aprendo una fase nuova – dice in un’intervista al Corriere della Sera – tutti gli indicatori, dall’incidenza cumulativa a sette giorni ogni 100 mila abitanti all’indice Rt, fino al numero di posti occupati nelle strutture ospedaliere o nelle terapie intensive mostrano chiaramente che stiamo uscendo dalla fase più critica”.
Ora “va gestita tutta la fase di riapertura. La progressività con adeguata pianificazione che ha improntato anche recentemente le scelte del governo offre le migliori garanzie. Il risultato – spiega Locatelli – è arrivato grazie da un lato allo straordinario successo della campagna vaccinale e dall’altro alla gradualità dell’approccio nell’allentamento delle restrizioni”.
ieri, invece, si è aperta la nuova querelle sul numero dei morti Covid. “Dei 400 decessi al giorno dei quali si parla, in realtà non possono essere più di 50-80”. Lo ha affermato Claudio Giorlandino, direttore scientifico dell’Istituto di Ricerca Altamedica, spiegando nel dettaglio perché il numero di 400 morti al giorno per Covid in Italia sia “falsato”. “L’Istituto superiore di sanità – spiega – non potendo analizzare le cartelle cliniche con estremo rigore metodologico e scientifico, non imputa affatto tali decessi come morti di Covid ma li registra come ‘soggetti deceduti positivi a SarS-CoV-2. Ben diverso”.
“L’esempio di scuola che si fa è questo: un malato terminale di cancro viene portato in ospedale, riscontrato un tampone positivo, benché totalmente asintomatico, viene ricoverato in un reparto Covid dove muore. Questo viene computato come paziente deceduto positivo a SarS-CoV; ma questo accade anche per il traumatizzato che invece di finire la vita in un reparto di degenza muore in una rianimazione Covid solo perché, al pronto soccorso, il tampone era positivo”.
“L’Iss, di coloro che muoiono realmente riferibili a Covid, ne ha potuti studiare (con enorme difficoltà) solo 8.000 in questi 2 anni – prosegue – e, sull’analisi delle cartelle cliniche, ha stabilito che, chi muore di Covid nel 93% muore con insufficienza respiratoria, ovviamente in terapia intensiva, e sono la minoranza“.