Il “cerchio magico” di Silvana Saguto, da domani, sarà ancora una volta sul banco degli imputati. Inizierà, davanti alla Corte d’Appello di Caltanissetta, il processo di secondo grado all’ormai ex giudice ed ex potente Presidente della sezione Misure di prevenzione di Palermo, al marito, all’ex amministrato giudiziario Gaetano Cappellano Seminara e agli altri imputati, condannati in primo grado. Silvana Saguto che non sarà in aula è stata condannata nell’ottobre del 2020 a otto anni e mezzo di reclusione, dimezzando quasi la pena chiesta dalla Procura nissena al termine della requisitoria.
I pm Claudia Pasciuti e Maurizio Bonaccorso avevano chiesto la condanna a 15 anni e 4 mesi di carcere. È caduto il reato di associazione per delinquere per Saguto. Restano, invece, la corruzione, anche se non tutti i capi di imputazione, e l’abuso d’ufficio. Dunque, anche per i giudici, Silvana Saguto, avrebbe gestito i beni sequestrati e confiscati alla mafia “con interessi familistici” per “favorire amici e parenti”, come dice la Procura.
L’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo è stata condannata anche a risarcire 500mila euro alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, costituitasi parte civile nel processo. Un risarcimento compreso tra 50mila e 400mila euro in favore della Presidenza del Consiglio dovrà essere versato anche da altri 6 imputati: tra questi il marito della Saguto, Lorenzo Caramma, e l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara. Saguto dovrà anche risarcire con 50mila euro la Regione Siciliana, con 30mila il Comune di Palermo, con 30mila l’università Kore di Enna, tutti parti civili.
A sette anni e 6 mesi è stato condannato l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, il “re” degli amministratori giudiziari per il quale la Procura aveva chiesto la condanna a 12 anni e tre mesi. Sei anni e 10 mesi per l’ex professore della Kore Carmelo Provenzano. Tre anni per l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo. “Un sistema perverso e tentacolare”, lo avevano definito i pubblici ministeri Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti nel corso della requisitoria. Assolti invece Vittorio Saguto, padre dell’ex magistrato, Aulo Gigante e Lorenzo Chiaramonte, ex giudice della sezione Misure di prevenzione.
Questi gli altri condannati dal Tribunale di Caltanissetta: all’ingegner Lorenzo Caramma, marito di Silvana Saguto sei anni e due mesi di carcere; a Roberto Nicola Santangelo, amministratore giudiziario, sei anni e due mesi; all’avvocato ed ex amministratore giudiziario Walter Virga, un anno e 10 mesi; Emanuele Caramma, figlio di Saguto, che era presente in aula, sei mesi; Roberto Di Maria, preside della facoltà di Giurisprudenza di Enna, due anni e otto mesi; Maria Ingrao, moglie di Provenzano, quattro anni e due mesi; Calogera Manta, cognata di Provenzano, quattro anni e due mesi; il colonnello della Dia Rosolino Nasca, quattro anni. Per l’ufficiale della Dia la Procura aveva chiesto la condanna a 8 anni e mezzo. Assolto il giudice Lorenzo Chiaramonte, per il quale la Procura aveva chiesto 2 anni e 6 mesi di reclusione.
“Un patto corruttivo permanente” tra giudici, avvocati, funzionari, ufficiali che ha creato “danni patrimoniali ingentissimi all’erario e alle amministrazioni giudiziarie” ma anche un “discredito gravissimo all’amministrazione della giustizia”, hanno scritto i giudici nelle motivazioni. L’ex giudice, che nel frattempo è stata radiata dalla magistratura, secondo i magistrati avrebbe messo in atto una “gestione privatistica”. I giudici hanno parlato di “un quadro di desolante strumentalizzazione della funzione giurisdizionale a favore di una gestione privatistica” e di un “sistema clientelare di assegnazione degli incarichi di amministratore giudiziario”.
“Un patto corruttivo di scambio di reciproche utilità tra i concorrenti, senza che mai si possa individuare l’appartenenza ad un gruppo stabile e strutturato”, ha scritto il Presidente Andrea Catalano. Un continuo scambio di favori e soldi tra Silvana Saguto e l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara. Saguto, nella qualità di giudice delegato, “ne avallava le scelte gestorie, autorizzandone comunque le istanze, spesso sotto la sua dettatura, e depositava decreti con i quali liquidava” decine di migliaia di euro.
Secondo la Procura di Caltanissetta, Silvana Saguto, sarebbe stata a capo di un “cerchio magico” nella gestione dei beni sequestrati e confiscati a Cosa nostra, formato da parenti, magistrati, avvocati, persino un ex prefetto, tutti condannati. Ma lei ha sempre respinto con forza tutte le accuse: “Io non ho avuto nessun vantaggio – spiega – le persone che ho ‘sistemato’, se così si può dire, erano dei poveracci, di cui mi potevo fidare per la bravura, per l’idoneità e per la lontananza dalla mafia”. Da domani, ricomincia un nuovo capitolo.