Sono venti le persone perquisite questa mattina, nel corso del maxi blitz di polizia e Sco nella Valle del Belice, considerata la roccaforte del numero uno di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro. I destinatari dei decreti di perquisizione, emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, sono sospettati di essere fiancheggiatori della “primula rossa”, o per i loro trascorsi criminali o per la loro vicinanza alle famiglie mafiose trapanesi e agrigentine. Tra questi figurano anche persone già condannate per associazione a delinquere di tipo mafioso e altri che, da evidenze investigative, sono ritenute vicine alle reti di connivenza del latitante.
Alle perquisizioni, scattate all’alba, hanno partecipato oltre 150 agenti delle Squadre Mobili di Trapani, Palermo, Agrigento e del Servizio Centrale Operativo, coordinati dalla Direzione Centrale Anticrimine della polizia, utilizzando anche apparecchiature speciali e supportati dai Reparti Prevenzione Crimine di Sicilia e Calabria, a cui si sono aggiunti gli elicotteri del Reparto Volo di Palermo e le unità cinofile. Un imponente spiegamento di forze in una zona appunto considerata la roccaforte del boss, dove è fitta la rete di connivenze che continua ad agevolare la sua latitanza e che gli investigatori continuano incessantemente ad approfondire e a dipanare, alla ricerca di elementi che possano consentire di ‘chiudere il cerchio, conducendo alla sua cattura.
L’operazione ha interessato i centri di Castelvetrano, Campobello di Mazara, Santa Ninfa, Partanna, Mazara del Vallo, Santa Margherita Belice e Roccamena. La Valle del Belice, tra le province di Trapani e Agrigento, è d’altra parte la terra prediletta dal latitante, come hanno dimostrato le operazioni di polizia condotte negli ultimi anni, tra cui ‘Ermes’, con cui sono stati monitorati i passaggi di corrispondenza attribuita a Messina Denaro e veicolata da esponenti di spicco di Cosa Nostra del trapanese, appartenenti agli storici mandamenti mafiosi di Castelvetrano e Mazara del Vallo, a loro volta coadiuvati e sostenuti dalle famiglie agrigentine.
Un’area geografica a cui Messina Denaro è molto legato, sia perché gli ha dato i natali, sia perché, come emerso in diverse indagini, gli ha fornito ospitalità, garantendogli intorno un’estesa rete di fiduciari, pronti a salvaguardarne a ogni costo la libertà. Con l’operazione di oggi, sottolineano gli investigatori, con cui la Polizia ha intensificato la pressione investigativa sul latitante, focalizzando obiettivi ritenuti strategici per la ricostruzione dell’attuale assetto di Cosa Nostra, nel solco tracciato da altre recenti attività di polizia, tra cui l’operazione Ruina del dicembre scorso, che ha portato alla luce una rimodulazione dei tradizionali equilibri e in particolare dei rapporti extra-mandamentali, interessati da un vero e proprio ‘scompaginamento’ a causa delle sempre più incisive attività repressive realizzate negli ultimi anni.
I NOMI DEI SOSPETTATI. Giovanni Campo (Santa Margherita Belice), Piero Guzzardo (Santa Margherita Belice), Filippo Messina (Castelvetrano), Giovanni Furnari (Castelvetrano), Pasquale Zinnanti (Partanna), Lorenzo Catalanotto (Castelvetrano), Antonio Trinceri (Partanna), Tommaso Tumbarello (Partanna), Salvatore La Cascia (Campobello di Mazara), Giuseppe Giambalvo (Roccamena), Pietro Giambalvo (Santa Ninfa), Isidoro Cammarata (Castelvetrano), Filippo Mangione (Partanna), Nicola Pandolfo (Partanna), Laura Bonafede (Campobello di Mazara), Cataldo La Rosa (Campobello di Mazara), Antimo Dell’Aquila (Campobello di Mazara), Rosario Scalia (Partanna), Calogero Giambalvo (Castelvetrano), Alessandro Messina (Mazara del Vallo).
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