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Stato-mafia, il pm: “Scelte di politica criminale e verità inconfessabili”

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“Possiamo dire che vicende di questo processo ci hanno fatto capire che furono fatte alcune scelte di politica criminale e alcune attività, ovvero incomprensibili omissioni, sono state guidate da logiche rimaste estranee al corretto circuito istituzionale”. Era il 24 maggio scorso e il sostituto procuratore generale di Palermo Giuseppe Fici aveva appena iniziato con queste parole la requisitoria nel processo sulla trattativa tra Stato e mafia che vede imputati “eccellenti” come i generali Mario Mori e Antonio Subranni, ma anche il colonnello Giuseppe De Donno. Secondo l’accusa avrebbero avviato la trattativa con Cosa nostra avendo “comportamenti delittuosi”.

Ci sono “verità che anche se scomode, devono essere raccontate”, aveva ribadito anche l’altro rappresentante dell’accusa, Sergio Barbiera.Uomini delle istituzioni, apparati istituzionali deviati dello Stato, hanno intavolato una illecita e illegittima interlocuzione con esponenti di vertice di Cosa nostra per interrompere la strategia stragista” aveva proseguito il magistrato ricordando come “la celebrazione del presente giudizio ha ulteriormente comprovato l’esistenza di una verità inconfessabile, di una verità che è dentro lo Stato, della trattativa mafia-Stato che, tuttavia, non fa differenza tra mandanti ed esecutori istituzionali perché, come ha ricordato il Capo dello Stato Sergio Mattarella, nel corso delle commemorazioni dell’anniversario della strage di Capaci, o si sta contro la mafia o si è complici. Non ci sono alternative”.

La Procura generale di Palermo, al termine della requisitoria, ha chiesto alla Corte d’Assise d’appello di confermare le condanne inflitte in primo grado a boss, ex carabinieri e politici imputati di minaccia a corpo politico dello Stato nel processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. In primo grado il boss Leoluca Bagarella fu condannato a 28 anni di carcere, a 12 gli ex ufficiali del Ros Mario Mori e Antonio Subranni, l’ex senatore di Fi Marcello Dell’Utri e l’ex medico fedelissimo di Totò Riina, Antonino Cinà.

Otto anni la pena inflitta all’ex capitano del Ros Giuseppe De Donno. La Corte – in primo grado – aveva inoltre dichiarato il “non doversi procedere” nei confronti del collaboratore di giustizia Giovanni Brusca (anche lui imputato per l’art.338) per intervenuta prescrizione visto il riconoscimento delle attenuanti previste per i collaboratori di giustizia. Anche Massimo Ciancimino era stato condannato a 8 anni per calunnia e concorso esterno ma poi, nel secondo grado, la sua posizione è stata stralciata perché il reato è andato prescritto. La sentenza verrà emessa domani pomeriggio al bunker di Pagliarelli di Palermo.

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