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Blitz a Bagheria: l’affronto al boss, il pestaggio e la sentenza di morte

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Aveva osato sfidare pubblicamente il capomafia. Un’onta da lavare con il sangue. Per Fabio Tripoli, oggi finito in manette nell’ambito del blitz antimafia dei carabinieri di Palermo per maltrattamenti in famiglia, era stato firmato l’ordine di morte. Ubriaco e spesso intemperante, oltre a picchiare la compagna e il padre, l’uomo, “apparentemente estraneo al contesto mafioso“, spiegano gli investigatori dell’Arma, aveva messo in discussione l’autorità del boss Massimiliano Ficano.

Un atteggiamento sfrontato e una ritrosia a sottostare ai “divieti” imposti da Cosa nostra per riportare ordine nel territorio da loro controllato che andavano puniti. Così su mandato del capomafia fu stata organizzata la spedizione punitiva: in sei lo picchiarono selvaggiamente, provocandogli un trauma cranico e uno alla mano. Un pestaggio di avvertimento che, però, non bastò a convincerlo ad assumere un atteggiamento remissivo.

L’uomo, al contrario, si armò di accetta e iniziò a far sapere in giro di essere pronto a dare fuoco a un locale da poco inaugurato dal boss Ficano. Un affronto pubblico davanti al quale era stata sentenziata la sua morte con un omicidio pianificato nei dettagli che solo l’intervento dei carabinieri ha scongiurato.

“Ficano, subito dopo aver dato l’ordine di eseguire l’omicidio, ha deciso di allontanarsi dal territorio, molto verosimilmente sia per costituirsi un alibi che per darsi alla fuga per il pericolo di essere arrestato”, spiegano gli investigatori.

+++ In aggiornamento +++

 

 


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