È morto a 80 anni Charlie Watts, il batterista dei Rolling Stones, uno dei più grandi della sua generazione. “È con immensa tristezza che annunciamo la morte del nostro amato Charlie Watts – si legge in un comunicato del suo ufficio stampa ripreso dalla Bbc – è morto serenamente in un ospedale di Londra, circondato dalla sua famiglia. Chiediamo gentilmente che la privacy della sua famiglia, dei membri della band e degli amici intimi sia rispettata in questo momento difficile”, conclude la nota.
“Il mio tempismo, per una volta, è stato leggermente sbagliato”. Con una vena ironica Watts aveva annunciato agli inizi di agosto che, per motivi di salute, non avrebbe potuto prendere parte al prossimo tour negli Usa dei Rolling Stones. Watts aveva fatto sapere di non poter prendere parte alle prove del “No Filter Tour“, che dal 26 settembre partirà da Saint Louis. Per il tour, Watts sarà sostituito da Steve Jordan, collaboratore di grandi star come John Mayer, Eric Clapton, Bruce Springsteen e Neil Young.
Il batterista, che in quei giorni era reduce da un’operazione, si trovava in convalescenza in ospedale a Londra dopo un intervento del quale non era stata precisata la natura. Nel 2004 Watts era stato sottoposto ad un intervento chirurgico per un tumore alla gola. “Sto lavorando duramente per essere completamente in forma – aveva detto il batterista in un comunicato affidato al suo agente – ma ora devo accettare, su consiglio dei medici, di fermarmi per riposare. Dopo tutte le delusioni patite dai nostri fan a causa del Covid, non voglio che debbano accettare un ulteriore rinvio”. Su Twitter il leader della band Keith Richards aveva scritto: “È un duro colpo per tutti noi, speriamo che Charlie si riprenda completamente e torni il primo possibile”.
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Leggenda dei Rolling Stones Charlie Watts, batterista celebre per il suo virtuosismo alle percussioni, era una star apparentemente più distaccata e impassibile rispetto agli altri bandleader, Mick Jagger e Keith Richards, divi straripanti, dalle personalità impetuose e travolgenti. Nel 2016 era stato posizionato al 12º posto nella lista dei 100 migliori batteristi di sempre secondo la rivista “Rolling Stone“: per ammissione dei suoi stessi compagni di avventura, le migliori alchimie della band sono passate proprio attraverso il particolarissimo groove di Watts. Per Richards, Watts era “il miglior batterista con cui abbia mai suonato”.
Rispetto all’immagine trasgressiva, eccessiva e sessualmente provocatoria che i Rolling Stones hanno sempre avuto, Watts ha costituito quasi un’eccezione. Definito calmo e riflessivo, è stato il collante dei Rolling Stones, tanto sul palco quanto fuori, bravo a mantenere l’equilibrio tra le due primedonne Jagger e Richards. Era sposato dal 1964 con la pittrice e scultrice Shirley Ann Sheperd, che conosceva già prima di entrare nella band: un esempio di fedeltà raro nel mondo del rock. La coppia ha avuto anche una figlia, Seraphina Watts, nata nel 1968. L’unico periodo della sua vita in cui conobbe i “vizi” delle rockstar fu negli anni ’80, segnati da una brutta avventura con l’eroina, ma anche in questo frangente conservò un’immagine riservata. Nel 2004 gli fu diagnosticato un cancro alla gola, dal quale guarì.
È nel 1962 che Jagger (voce, 1943) e Richards (chitarra, 1943), giovani studenti del Kent con una smodata passione per il blues di Howlin’ Wolf e il rock ‘n’ roll di Chuck Berry, danno vita insieme a Brian Jones (chitarra, 1942-1969) e a Ian Stewart (tastiera, 1938) ai Rolling Stones, il cui nome fu ispirato da una canzone di Muddy Waters, “Rolling Stone blues“. Dopo un’intensa attività live nei club londinesi, a cavallo tra il 1962 e il 1963 i Rolling Stones misero a punto la formazione con l’entrata in pianta stabile di Bill Wyman, pseudonimo di William Perks (basso, 1936), proveniente dalla band dei Cliftons, e di Charlie Watts (batteria, nato a Londra il 2 giugno 1941), e con l’uscita di Stewart.
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Charles Wats scoprì già da giovanissimo la musica grazie ai jazzisti Miles Davis e John Coltrane e iniziò a interessarsi alle percussioni intorno ai 17 anni, trasformando inizialmente un vecchio banjo in un tamburo rullante. Tuttavia, la musica era ancora un interesse marginale; nel 1958 cominciò a frequentare una scuola d’arte gli fruttò un impiego presso un’agenzia pubblicitaria. Ma fu continuando a suonare la batteria che nel 1960 si affacciò alla ribalta dei nightclub londinesi. Di fatto Watts fu l’ultimo tra i componenti originari dei Rolling Stones ad unirsi alla band, a cui è rimasto sempre fedele. Si era fatto le ossa nel fervidissimo ambiente blues sotto l’ala protettiva di Alexis Korner, in quella autentica fucina di talenti che fu la Blues Incorporated, dove fu scoperto e ingaggiato da Jagger e Richards.
Da quasi 58 anni la rock band inglese è tra le più longeve e produttive formazioni della scena mondiale della seconda metà del Novecento e rappresenta nell’immaginario del pubblico la rock ‘n’ roll band per antonomasia, considerata, accanto ai Beatles, il gruppo più rappresentativo degli anni Sessanta e Settanta, contribuendo in maniera determinante, forse anche più del quartetto di Liverpool, a costruire l’immagine e il suono di un rock ribelle e trasgressivo. Nel maggio del 1964 i cinque Rolling Stones firmarono un contratto con la Decca, casa discografica per la quale nel giro di due anni misero a segno quattro raccolte (England’s newest hit makers, 12 X 5, Rolling Stones N. 2, The Rolling Stones, now!), per lo più composte di versioni di classici blues, rock e soul.
Il peso compositivo di Jagger e Richards si fa sentire maggiormente in “Out of our heads” (1965), dove compare l’inno generazionale “(I can’t get no) satisfaction”, il loro brano più conosciuto. Ma il capolavoro del periodo è considerato dalla critica “Aftermath” (1966), primo album contenente solo brani originali tra i quali spiccano il beat di “Paint it black”, “Under my thumb” e la ballata “Lady Jane”. “Aftermath” segna uno snodo cruciale per i Rolling Stones. L’onda del rock psichedelico lambisce la band e i suoi album successivi del 1967, “Between the buttons” e “Their satanic majesties request”, il secondo a fare da contraltare ai Beatles di “Sergent Pepper’s” dei Beatles. Lo stesso anno Jagger e Richards destano scandalo perché arrestati (ma subito rilasciati) per detenzione di stupefacenti.
La svolta “acida” (nel senso di acido lisergico, cioè per l’uso di Lsd) dei Rolling Stones lascia il passo nel 1969 a “Beggars banquet”, sguardo disincantato sul mondo, come dimostrano “Street fighting man” e “Sympathy for the devil”. Brian Jones decide di abbandonare il gruppo nel giugno del 1969; il 3 luglio viene trovato morto nella piscina della sua abitazione nel Sussex. Jones viene sostituito da Mick Taylor, proveniente dai Bluesbreakers di John Mayall. La produzione dei Rolling Stones, a partire da “Let it bleed” (1969), segna l’ascesa della rock band per tutti gli anni Settanta, con successi come “Sticky fingers” (1971), “Exile on Main St.” (1972), “It’s only rock ‘n’ roll” (1974) e “Black and blue” (1976). Nel 1975 Ron Wood (proveniente dagli Small Faces) subentra al posto di Mick Taylor.
“Some girls” (1978) ed “Emotional rescue” (1980) sono in parte influenzati dalla febbre della disco-music e inaugurano un periodo eclettico, testimoniato dagli album degli anni Ottanta “Tattoo you” (1981), “Dirty work” (1986) e “Steel wheels” (1989). Gli anni Novanta sono segnati dall’abbandono di Bill Wyman, che lascia la band nel 1993, sostituito da Darryl Jones e da album come “Voodoo lounge” (1994) e “Bridges To Babylon” (1998). Nel 2005, dopo il più lungo periodo di silenzio tra un album e l’altro mai registrato nella storia dei Rolling Stones, esce “A bigger bang”, ritorno alle sonorità degli anni Settanta. Nello stesso periodo il gruppo da inizio a una serie di lunghi tour in giro per il mondo. La batteria di Watts è presente anche in “Blue & Lonesome” (2016), l’ultimo album, interamente formato da reinterpretazioni di brani blues che sottolinea la loro affinità con il genere.