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Giù la mascherina, ma non dimentichiamoci di vaccinare i “fragili” a domicilio | EDITORIALE

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Ciò che i giornali non hanno scritto e specialisti in medicina generale non hanno mai detto, per prudenza, non creare ulteriori preoccupazioni: la mascherina, che non sarà più usata all’aperto dal 28 giugno, avrebbe potuto provocare a lungo termine grave affaticamento al cuore e ricorso alla defibrillazione per l’impossibilità dei respiro regolare,  soprattutto negli anziani e nelle categorie “fragili” costrette a lunghe file, sotto la pioggia o sotto il sole, a lunghe e stancanti file ai centri vaccinali. Si soffre ancora sino al 28 giugno, ma è una sofferenza  che si affronta con spirito di responsabilità, consapevoli che l’uso della mascherina ci ha salvati dal contagio del Covid.

Dal vicino 28 giugno, la svolta verso la normalità sarà ricordata come evento storico, le foto della tristezza umana saranno immagini da conservare per poter dire, tra qualche anno: ecco come eravamo ridotti dal Covid. Preoccupa, al momento nel Trentino, l’ “indiana”, nuovo effetto del Covid, ma anche questo finirà per essere debellato, perché la fiducia nel nostro sistema sanitario non è mai venuta meno e non mancherà mai, grazie alla quale si può dire, oggi, che l’Italia ha superato brillantemente la prova di maturità.

Mascherine all’aperto, è ufficiale: stop all’obbligo dal 28 giugno in zona bianca

C’è, però, una falla che va colmata, nonostante la fiducia degli italiani nel sistema del servizio vaccinale: l’indice delle vaccinazioni eseguite viene indicato nel 75/80% della popolazione. La percentuale mancante riguarda quanti, impossibilitati a muoversi da casa per patologie invalidanti, attendono il vaccino a domicilio. Sono gli ultraottantenni e i “fragili” a vario titolo di infermità che lamentano il disagio e lo scoramento per la solitudine. Eppure le aziende sanitarie locali hanno gli elenchi dei dichiarati fragili; nomi, cognomi, recapiti sono disponibili e da controllare se è stata eseguita a domicilio la vaccinazione a tutela più ampia della salute, e in accoglimento all’invito: tutti hanno il dovere di vaccinarsi con l’intervento di un medico, anche con il vaccino monodose, e a seconda delle patologie personali.

Ma l’Italia, non tutta, spesso si perde nel sistema non bene organizzato a garantire i servizi per tutti; non si perde, ad esempio in Sicilia dove tutto pare vada per il meglio, anche per le vaccinazioni a domicilio. E non si spiega perché il servizio sanitario va bene da una parte e vacilla da un’altra, come fossero due settori distinti, separati dal grande sistema sanitario nazionale. È perciò l’organizzazione e la comunicazione che difettano e alle quali, se vogliamo essere davvero tutti promossi, bisogna porre rimedio. E con urgenza.

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