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Sicilia, con lo squilibrio della spesa sociale scoppia la “guerra” tra ricchi e poveri | EDITORIALE

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Alla vigilia della totale “zona bianca”, ci scopriamo più poveri di prima. I dati sott’occhio sono preoccupanti e risaltano ancor più il divario tra Nord e Sud, il primo con comuni prosperosi di economia applicata ai bisogni della gente, il secondo con comuni al di sotto del minimo livello di povertà. È  l’ultimo, in ordine di tempo, allarme per tante famiglie e per i comuni del Sud, in particolare per quelli siciliani, con risorse non più bastevoli alla spesa sociale. Disoccupazione, assistenza, equa distribuzione di beni e servizi: sono la nuova palla al piede della crescita umana e familiare e la nuova “guerra tra poveri”.

I comuni siciliani hanno subito, nell’anno 2020, un rallentamento della spesa sociale, in interventi strutturali e sevizi per i propri residenti, al pari delle altre realtà territoriali della Penisola. Il nuovo allarme nasce dalla lettura dei recenti dati Istat che dicono come le famiglie italiane si sono impoverite ai massimi livelli rispetto agli ultimi 16 anni. La causa viene attribuita alle frenate della produzione in conseguenza del Covid. Ma è proprio così? O altri interessi di politica economica ne hanno determinato lo sfascio? O ne sono responsabili le dispute di ieri e odierne tra governo e opposizione?

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Ipotesi, supposizioni lasciano il tempo che trovano, la realtà potrebbe avere retroscena a vari livelli, dimentichi che siamo tutti nella stessa barca che affonda, se non si riesce a trovare una soluzione unitaria al problema. In concreto, 5,6 milioni di persone sono in stato di povertà assoluta, più colpite le famiglie (oltre 2 milioni) con stranieri, giovani e bambini e con una spesa mensile inferiore al minimo necessario. Nel 2019, si era registrato un miglioramento dello sviluppo economico familiare, ma è nel 2020 che la pandemia ha provocato il picco della povertà con rallentamento che ha interessato la equa distribuzione di beni e servizi sociali comunali.

Senza gli interventi “tampone” del governo-Regioni-Comuni (reddito di cittadinanza, di emergenza, Cassa di integrazione guadagni), la povertà avrebbe segnato un indice ulteriormente negativo. È necessaria una pronta ripresa e sostegno della spesa sociale (anche per il settore produttivo delle imprese artigiane) e le amministrazioni locali dovranno riuscire a utilizzare le risorse disponibili mediante la politica di trasparenza e più vicina ai cittadini. Lo stato di emergenza povertà non deve creare divisioni tra governo e opposizioni, poiché l’interesse del Paese non può prescindere dalla ripresa della realtà territoriale generale, quale che sia il colore politico delle amministrazioni comunali, e in una Italia che si avvia al 99% in zona bianca, quindi è termometro della ripresa della vita sociale ed occupazionale, in attesa che anche le mascherine saranno abolite, sull’esempio della Francia.

 

 


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