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Omicidio Agostino: “Ucciso perché cercava boss latitanti. Vide Madonia con Aiello e Contrada”

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ll poliziotto Nino Agostino fu ucciso dalla mafia “perché cercava i boss latitanti”. Lo scrive il gup di Palermo Alfredo Montalto nelle motivazioni della sentenza dell’ergastolo emessa lo scorso marzo nei confronti del boss Nino Madonia accusato del duplice omicidio del poliziotto Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio. La giovane coppia fu uccisa il 5 agosto 1989. Il processo si è svolto con rito abbreviato. L’ergastolo era stato chiesto dalla procura generale. Del duplice omicidio era imputato anche il boss Gaetano Scotto che, a differenza di Madonia, ha scelto il rito ordinario.

Stessa decisione per il terzo imputato, Francesco Paolo Rizzuto, accusato di favoreggiamento. Il delitto è rimasto impunito per 32 anni. Dopo una lunga indagine a carico di Madonia, Scotto e Rizzuto la procura di Palermo aveva chiesto l’archiviazione ritenendo che non ci fossero elementi idonei ad andare a processo. L’inchiesta è stata avocata dalla Procura generale che è giunta a conclusioni differenti e ha chiesto il rinvio a giudizio dei tre imputati. Madonia ha scelto l’abbreviato ed è stato condannato all’ergastolo.

Omicidio Agostino, dopo 32 anni la sentenza: ergastolo per il boss Madonia

La Pg aveva invocato la medesima pena. La ricerca dei latitanti, come scrive il gup, “viene prevalentemente, anche se non esclusivamente, indicata dai collaboratori di giustizia, quale causa della decisione mafiosa di uccidere il poliziotto. Sono stati acquisiti agli atti anche importantissimi riscontri su questa attività di Agostino che si rivelano assolutamente significativi, se non decisivi, per confermare l’attendibilità delle dichiarazioni soprattutto perché l’attività di ricerca dei latitanti non rientrava tra i compiti di servizio assegnati ad Agostino presso il commissariato dove lavorava e, pertanto, non vi è traccia documentale, ma è stata svolta da Agostino come da altri su sollecitazioni e stimolo, ovviamente informali, di appartenenti ai servizi di sicurezza, tra cui l’ex dirigente della Mobile Bruno Contrada”, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa anche se poi la condanna è stata annullata.

Ma anche l’ex questore “Arnaldo La Barbera” e il poliziotto Giovanni Aiello detto anche “faccia da mostro”, scrive ancora il gup che parla di “ulteriore possibile concomitante movente dell’omicidio” che “conduce il delitto nell’alveo degli interessi precipui del mandamento di Resuttana capeggiato dai Madonia, con i quali tutti gli esponenti delle forze dell’ordine intrattenevano rapporti”.

E ricorda Vito Galatolo “che ebbe a vedere personalmente Contrada in occasione di alcune visite di questi in vicolo Pipitone e in alcune di tali occasioni contestualmente a una persona, appartenente ai servizi segreti” soprannominato “il mostro” perché aveva “la guancia destra deturpata da un taglio, la pelle rugosa e arrossata”. E ricorda che “sia Contrada che Aiello sono stati visti anche in occasione di incontri con altri esponenti mafiosi in quello stesso luogo”.

“È significativo evidenziare – dice ancora il magistrato – secondo quanto riferito da Vito Galatolo, una delle visite di Contrada e Aiello, in occasione della quale questi incontrarono Nino Madonia, Pino Galatolo, Vincenzo Galatolo, Gaetano Scotto e Raffaele Galatolo, fu notata da Agostino che stava effettuando un appostamento proprio nel vicolo Pipitone. Ugualmente significativi – per il gup – i riscontri acquisiti in ordine alla effettiva conoscenza tra Contrada e Aiello e gli strettissimi rapporti esistenti tra i predetti risalenti agli anni Settanta”.

 

 


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