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Mafia, Maria Falcone: “Riforma dell’ergastolo ostativo subito”

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“In questi giorni ho evitato sovraesposizioni mediatiche e dichiarazioni rabbiose rispettando una legge che è stata e continua a essere fondamentale nella guerra contro Cosa nostra, ma nessuno può essere più addolorato e indignato di noi davanti alla scarcerazione di uno degli individui peggiori che la storia del Paese abbia conosciuto”. A dirlo è Maria Falcone, presidente della Fondazione Giovanni Falcone e sorella del magistrato ucciso dalla mafia nella strage di Capaci del 1992, dopo la scarcerazione di Giovanni Brusca.

“Ho ascoltato moltissime dichiarazioni di politici e assistito a un’ondata di indignazione dell’opinione pubblica che dimostra quanto la coscienza dei nostri concittadini sia mutata e maturata in questi 29 anni. Oggi, in un giorno tanto importante per la nostra Nazione in cui, come ha detto il capo dello Stato Sergio Mattarella, rinnoviamo la gratitudine a chi ha sacrificato la vita per l’Italia, voglio lanciare un appello alla politica affinché traduca lo sdegno espresso per la liberazione di Giovanni Brusca in un impegno reale per un’approvazione veloce della riforma della legge sull’ergastolo ostativo sollecitata dalla Corte Costituzionale”.

Ergastolo ostativo, Maria Falcone: “Il Parlamento non vanifichi l’efficacia”

Poi aggiunge: “Voglio dire a tutti i nostri parlamentari e a tutte le forze politiche, molte delle quali peraltro votarono la legge sui pentiti voluta da mio fratello, che oggi hanno l’occasione per dimostrare che la lotta alla mafia resta una priorità del Paese e che possono, al di là delle parole, attraverso una normativa giusta, evitare scarcerazioni e permessi a boss che mai hanno interrotto il loro perverso legame con l’associazione mafiosa”.

“Concedere benefici a chi neppure ha dato un contributo alla giustizia sarebbe inammissibile e determinerebbe una reazione della società civile ancora più forte di quella causata dalla liberazione, purtroppo inevitabile, del ‘macellaio’ di Capaci. Sono trascorsi 30 anni dall’attentato in cui persero la vita mio fratello Giovanni, sua moglie Francesca, Antonio, Vito e Rocco: direi che è il momento di tirare le somme sull’azione della politica nella lotta alla mafia e capire chi alle parole ha fatto seguire i fatti”.

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