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Mafia, Mannino: “Io assolto, attonito per la scelta della Procura generale”

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La sentenza di assoluzione dell’ex ministro Calogero Mannino, nel processo stralcio per la trattativa tra Stato e mafia, con il rito abbreviato, è entrata nel processo d’appello per la trattativa, svolta oggi davanti alla Corte d’Assise d’appello di Palermo. La Procura generale ha depositato presso la cancelleria una memori lunga 78 pagine in cui si legge, tra le altre cose, di una “manifesta illogicità della motivazione assolutoria”  di Mannino.

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“Sono attonito di fronte al fatto che la Procura Generale di Palermo non tenga in alcuna considerazione la decisione della Cassazione e la richiesta di inammissibilità dei motivi proposti dalla Procura Generale della Cassazione. Sul mio abbreviato si è formato un giudicato definitivo validato da un Gup in primo grado, da una Corte D’Appello in secondo grado e dalla Cassazione in terzo grado”. A dirlo, proprio Mannino replicando a distanza alla Procura generale di Palermo.

Nel documento si parla di “manifesta illogicità della motivazione assolutoria” di Mannino “con riferimento ai fatti in precedenza accertati nel procedimento a carico dello stesso per concorso esterno in associazione mafiosa, indicativi di pluriennali rapporti con importanti esponenti mafiosi”. La Procura generale, rappresentata in aula dai sostituti procuratori Giuseppe Fici e Sergio Barbiera, mette subito in chiaro che “non si mette in discussione il giudicato assolutorio” ma che c’è la “necessità di parlarne” per evidenziare alcuni fatti.

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Sono 21 i capitoli della memoria depositata dalla Procura generale. In cui i pg parlano di “motivazione illogica con travisamento del fatto, con riferimento alla verosimile consapevolezza e alla verosimile approvazione da parte del dottor Paolo Borsellino dell’iniziativa dei carabinieri Mori e De Donno di agganciare Vito Ciancimino”.

“Ciò malgrado – dice ancora Manninocome se niente fosse la Procura Generale, anticipando che non condivide la Cassazione, afferma il principio della immutabilità dell’accusa. La fissazione è peggio della malattia, diceva Camilleri”. 

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