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Battiato all’amico sacerdote: “Sono in pace, ho fatto una vita bella”

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Franco Battiato, l’artista-filosofo e padre Guidalberto Bormolini, in gioventù falegname e liutaio, poi consacratosi alla vita religiosa nella comunità dei Ricostruttori nella preghiera: due amici legati da un legame particolare, non comune. “Mi venne a cercare Franco – ricorda padre Bormolini che sta per raggiungere la Sicilia dove celebrerà i funerali dell’amico artista in forma riservatissima-. Aveva letto i miei scritti, in particolare quelli sulla vita e sulla morte perché io mi occupo anche di accompagnamento alla morte. In quell’occasione stava pensando ad un docu-film che poi ha prodotto. Io ho fatto una parte: diversi personaggi in dialogo tra loro senza che lui apparisse mai”.  

Padre Bormolini rimase due giorni a casa Battiato per quel doc ma ci fu subito intesa: “È nata subito la sintonia. Da lì in poi è stata amicizia”, dice. Una amicizia vera, non di circostanza o di convenienza data la notorietà dell’artista di respiro internazionale, un’amicizia in cui si parlava schiettamente, di tutto, senza filtri. Battiato era credente? “Lui era anche cristiano, voleva essere universale ma, soprattutto, non voleva essere incasellato. Sui temi legati alla spiritualità ci trovavamo in sintonia. Poi volle approfondire molto sul Cristianesimo: era un appassionato di mistica. Secondo me – dice – la sua cosa bella era proprio quella per cui non si lasciava incastrare in una definizione. Io ho sentito la sua profondità cristiana, negli ultimi tempi poi era affascinato anche dalla tradizione tibetana. Lui è stato soprattutto un sincero ricercatore”. 

Franco Battiato era malato da tempo. Una malattia vissuta nella grande riservatezza e anche avvolta nel mistero. Aveva paura della morte? “Io credo di no – dice l’amico sacerdote – anzi, la morte per lui era solo un passaggio”.  

Nei momenti in cui la malattia si era fatta più critica, padre Guidalberto voleva capire come si sentisse l’amico, per aiutarlo, accompagnarlo: “Gli chiedevo se era preoccupato, lui mi disse: ‘No, ho fatto tutto quello che dovevo fare, ho fatto una vita bella, mi sono divertito’. E i suoi occhi luminosi non mentivano. Mi sembrava così davvero, lo ho visto anche maturare. Era di una pace e con lo sguardo sempre più dolce. A differenza di come poteva apparire in pubblico, lui era di grandissima sensibilità, attento, gentile, premuroso e poi la gente di cui si circondava era tutta gente semplice, anche lo staff, di altissima professionalità, eppure gente semplice. Il suo manager, il tastierista, il tecnico del suono: tutti amici. Il manager è uno che fa gli affari sulle spalle dell’artista invece qui il manager era veramente l’amico. E una cosa a cui tengo è il ringraziamento al fratello e alla famiglia che si è prodigata tantissimo. Mi ha commosso la tanta dedizione”. 

Battiato e l’amico sacerdote si sono salutati per l’ultima volta nell’emergenza pandemica, dettagli personali che padre Bormolini fatica a raccontare ma se ne comprende comunque l’intensità: “Purtroppo il Covid non permetteva troppi contatti, c’era il rischio di compromettere una salute già minata. Aspettavo l’estate per un abbraccio, ha fatto prima lui”. 

Padre Guidalberto sta raggiungendo l’amico per dargli l’addio: sarà lui a celebrare i funerali in forma riservatissima e del tutto privata. Come sarà l’ultimo addio? “Penso che ‘La cura’ incarni gran parte dei suoi contenuti. Questi poi sono tempi di cura: la pandemia ci ha fatto riscoprire il linguaggio bellico, ora più che mai c’è bisogno di un linguaggio di cura, l’uno dell’altro, del pianeta. Vale ciò che è cura”. 

L’amico rimpiange anche l’artista unico: “I nostri tempi faticano a raggiungere il livello artistico e intellettuale del secolo scorso. Mi auguro si superi però si fatica e spero che questa crisi sanitaria e umana faccia capire a tutti quante cose belle insieme aveva Battiato: l’intellettuale, il poeta, lo spirituale, l’uomo sincero: ci mancheranno tante cose belle insieme”.  

Resta l’immagine di Franco Battiato: “Quegli occhi luminosi penetranti e il sorriso che dà grande pace”, dice l’amico sacerdote. Battiato lascia anche un impegnativo testamento spirituale: “Credere che ci può essere un mondo più bello di quello che abbiamo. Lui ci credeva e ha offerto tutto ciò che ha potuto. Da lassù, Franco Battiato ci ricorda che ci vuole più umanità, più cura”.  

(di Elena Davolio)

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