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Intese e alleanze in attesa del voto: l’Italia in corsa tra il “buono” e il “cattivo” |EDITORIALE

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Mentre continua il balletto vaccini – positivi Covid – meno o più contagi, questo mese di maggio 2021 si annuncia con un’Italia nel grembo del “grande Paese” che sta per nascere, da Palermo alle Alpi, e mentre il Pd richiama tutti uniti nel rispetto dei diritti e doveri, e Gentiloni, commissario europeo all’economia parla di ripresa del nostro Paese: l’Italia nel capiente grembo è quella delle nascoste intese tra partiti già in essere e volte a guadagnarsi più spazi e posti di prestigio nell’ambito delle elezioni Amministrative con nuovi scenari.

E si spiegano, così, i tanti “avvisi” di amministratori comunali e regionali sul piano di interventi futuristici che dovrebbero garantire più strutture, più lavoro, miglior vita sociale ed economica.  Avvisaglie pre-elettorali che puntualmente si registrano ogni qual volta l’Amministrazione pubblica, nel suo insieme, chiama alle urne il popolo ignaro delle manovre nascoste. Succede anche per le lezioni nazionali dalle quali dovrebbe nascere lo schieramento di uomini e donne a nostra rappresentanza. Come sempre è stato, il termine usato da tutti è “cambiamento” che affascina colti e incolti e che è l’arma vincente (o quasi) della politica italiana. Ma l’esperienza su promesse espressamente dette e poi non mantenute, ci impone ad essere prudenti nell’esercizio del voto alle urne.

Prudenti e sospettosi se le candidature hanno i nomi di chi ha già deluso politicamente, o di chi, parlando in nome del cambiamento, ha sciorinato sino ad ora provvedimenti improponibili allo scopo di mantenere alto il livello della strumentalizzazione scientificamente organizzata, bloccando di fatto i cammini legislativi a prescindere di ogni ragionevolezza politica e di “buon amministratore”, usando a piacimento la carta del “credito buono” e del “credito cattivo” (verso gli italiani), estrapolandola dal loro  autentico significato nel quadro della politica economica.

È noto che il “credito buono” è quello che si concede alle imprese che garantiscono il ripianamento della impresa aziendale e quindi lo sviluppo dell’attività produttiva, viceversa il “credito cattivo” è la partecipazione finanziaria a fondo perduto perché non garantito da alcuna ripresa di attività; ma alcuni politici sono bravi a confondere le idee parlando con disinvoltura del sistema che regola i due “crediti” come “sistema buono” da adottare in tutte le fasce sociali come fosse un gioco di prestigio per nascondere il non democratico ruolo del “cattivo amministratore” di beni e servizi per il popolo italiano.

Da qui, parte la vasta propaganda politica di alcuni  partiti in tempo di elezioni e con soliti nomi, palla come macigno al piede del cammino democratico e istituzionale. Ma mentre si combinano nuove intese e alleanze in vista della chiamata alle urne, sarà un elettorato, frattanto, rispetto a oggi, più responsabile e più capace di scegliere, a saper scindere il “buono” dal “cattivo” dalle liste precompilate,  e indicare, per l’auspicato vero cambiamento, ed eleggere nominativi che per capacità e formazione culturale siano degni rappresentati dell’Italia democratica aperta al dialogo e alla ripresa socio-economica.

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