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VIDEO| Boss, affiliati e assassini: le mani della mafia catanese sul reddito di cittadinanza

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Su delega della Procura di Catania, i Carabinieri del Comando Provinciale di Catania hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo delle carte di reddito di cittadinanza nei confronti di 76 persone, ritenute responsabili di aver ottenuto indebitamente il beneficio utilizzando dichiarazioni attestanti il falso e omettendo informazioni dovute. Tra questi, anche soggetti con sentenze passate in giudicato per mafia. Il beneficio, concesso a richiesta dei cittadini, è subordinato ad una serie di requisiti da possedere cumulativamente all’atto della presentazione dell’istanza e per tutta la durata del beneficio. Nello specifico, colui che lo richiede e i componenti del nucleo familiare del richiedente, nei dieci anni precedenti, non devono essere stati condannati (con sentenze irrevocabili) per reati, tra gli altri, di associazione di tipo mafioso o truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Al riguardo, l’indagine ha consentito di appurare che tra tutti i cittadini denunciati ve ne sono 25, di cui 2 donne, che hanno personalmente richiesto ed ottenuto il beneficio pur essendo gravati da sentenze passate in giudicato per i reati di associazione di tipo mafioso o, come nel caso delle due  citate donne, per truffa aggravata ai danni dello stato (circostanza ostativa alla concessione del beneficio). Le rimanenti 51 persone (di cui 46 donne), hanno invece richiesto ed ottenuto il beneficio, omettendo di comunicare che all’interno del proprio nucleo familiare vi fosse tra i destinatari del reddito di cittadinanza anche un proprio congiunto gravato da sentenze di condanna definitive per associazione di tipo mafioso.

Gli investigatori hanno scovato tra i beneficiari “uomini d’onore” (alcuni dei quali addirittura hanno richiesto e ottenuto direttamente il reddito di cittadinanza venendo pertanto anche denunciati) e affiliati appartenenti alle consorterie mafiose attive nel capoluogo etneo e in provincia. I più numerosi sono risultati essere quelli della famiglia di Cosa Nostra etnea Santapaola-Ercolano (circa 50), ma non mancano anche elementi apicali e sodali ai Mazzei, Cappello, Laudani, Cursoti Milanesi, Pillera,  Scalisi e Santangelo – Taccuni.

Alcuni dei partecipanti al summit mafioso del 2009, presieduto dal capo pro tempore di Cosa Nostra catanese  Santo La Causa, allora superlatitante, interrotto dall’irruzione dei militari del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Catania; l’autore di un efferato omicidio di mafia commesso nel 1999; un elemento apicale di un clan che ha rinnegato il figlio diventato collaboratore di giustizia e destinatario di minacce consistite nell’affissione di necrologi per le vie del proprio paese all’indomani delle notizie relative alla sua collaborazione.

L’importo complessivo riscosso indebitamente, a vario titolo tra l’aprile 2019 e il marzo scorso, è di oltre 600.000 euro ed è stato pertanto interessato l’I.N.P.S. per l’immediata revoca del beneficio con efficacia retroattiva e l’avvio delle necessarie procedure di restituzione di quanto illecitamente percepito, evitando così che l’Erario continuasse ad elargire ai soggetti denunciati ulteriori consistenti somme non dovute nel corrente mese.

 

 


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