Sarebbero 48 i milioni di euro di proventi illeciti riciclati e derivanti dagli “affari criminali” della famiglia mafiosa di Corso dei Mille di Palermo, capeggiata da Pietro Tagliavia, condannato con sentenza irrevocabile per il reato di associazione mafiosa, figlio di Francesco Tagliavia, condannato all’ergastolo per le stragi di via D’Amelio a Palermo e via dei Georgofili a Firenze.
Associazione per delinquere, riciclaggio, autoriciclaggio, intestazione fittizia di beni, contraffazione di documenti d’identità e sostituzione di persona e emissione di fatture false: questi i reati, contestati a vario titolo a 51 persone per le quali la procura distrettuale antimafia di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio nell’ambito di un’inchiesta su un presunto gruppo criminale che avrebbe riciclato i proventi illeciti di Cosa nostra nell’economia toscana, in particolare nelle zone di Prato e Firenze. E’ già in corso l’udienza preliminare che dovrebbe terminare entro aprile.
Secondo quanto accertato dalle indagini coordinate dal sostituto procuratore della Dda Giuseppina Mione e dal pubblico ministero Francesco Sottosanti, la presunta associazione a delinquere avrebbe immesso nel circuito economico denaro di provenienza illecita attraverso la creazione di 33 imprese con sedi in tutta Italia, in particolare in Toscana, Sicilia e Lazio, tutte aventi per oggetto sociale il commercio dei pallet, le pedane in legno usate per il trasporto e la movimentazione di materiale.