Partiam…partiam… ma a casa torniam…, si cantava sulle piazze di Sicilia nel tempo della ricostruzione del Paese, e Domenico Modugno con la sua chitarra diffondeva note e parole malinconiche di “Amara terra mia sotto cieli infiniti…volti di pietra…“. L’immigrato siciliano proveniente dai territori dell’Agrigentino, del Catanese, del Messinese , dalle borgate dell’entroterra collinare, affollava la stazione dei treni della Centrale di Palermo, in quel lontani inizi degli Anni 50. Prendeva d’assalto i vagoni diretti al Nord caricandovi grosse valigie di cartone assicurate con lo spago, ed era felice di potersi recare là dove l’economia industriale era fiorente e in primo piano rispetto all’economia dei paesi europei, chiamato da una capillare pubblicistica: “Venite al Nord, offriamo casa e lavoro in fabbrica”. Ma al Nord c’era il lavoro nelle aziende industriali, non case disponibili; cartelli avvisavano: “Non si affittano case ai meridionali”. L’unica possibilità di un tetto era l’umida soffitta, a caro canone, dei vecchi stabili in cui si poteva abitare stipati come sardine.
Partivano nuclei di famiglie, giovani, adulti, anziani, tutti orgogliosi di poter contribuire con il loro lavoro al consolidamento economico del Nord. Dopo anni di dura attività nelle industrie, tornavano da onesti lavoratori alla loro terra, si costruivano la casetta nella campagna di periferia, una stalla per gli animali da latte; così risvegliavano dignità rurale e artigiana, ed i figli potevano studiare nelle città, crescere nelle università per essere, poi, professionisti affermati.
Nel frattempo, il boom economico dal ‘50 sino alla fine del 1960 (un decennio di crescita economica e tecnologica) dal Nord toccò, con un piano di investimenti statali e privati, anche alla Sicilia , trasformandola in contenitore di benessere con aziende, negozi con le vetrine illuminate, via Ruggero Settimo di Palermo coperta con pavimentazione di colore tra giallo e arancione, quasi rosa, ad opera dell’impresa “Arturo Cassina”, che ben presto divenne luogo di passeggiate di ragazzi e ragazze, ed anche zona ideale per incontri di lavoro. Ma non durò che pochi anni quel benessere e quel tranquillo vivere, perché movimenti ultraestremisti ne vollero, a luglio del ’60, cancellare ogni traccia, scatenando in tutta Italia la guerriglia con scontri contro polizia e carabinieri, lancio di bombe-carta, auto in fiamme, saccheggi; il vero bersaglio era il governo di Fernando Tambroni (da marzo 1960 a luglio dello stesso anno) misto DC – MSI, poi il rimpasto con Pci, Psi, Psdi,Pri; una compagine confusa e contraddittoria nelle sue componenti politiche difficile a decollare, tanto che Tambroni decise di dimettersi dopo soli 123 giorni di guida del governo, mentre nel Paese infuriavano le manifestazioni antigovernative e di movimenti ultraestremisti. La Sicilia iniziava a sentire ferito il suo orgoglio di operosità e di cittadino; si iniziò, così, il calvario della sofferenza sociale mentre la politica regionale era in cerca di nuovi equilibri. L’orgoglio dei siciliani reagì tentando di recuperare aree produttive, ottenendo una leggera ripresa economica con la speranza di uscire al più presto dal tunnel; tornava anche, con sguardo aperto al futuro del’istruzione e della cultura umanistica, l’affluenza alle scuole e all’università.
E si è giunti ai giorni nostri, però con un nuovo pugno allo stomaco inferto da avvenimenti improvvisi e drammatici: il Covid che è entrato nelle nostre case, nei nostri posti di lavoro, tra la convivenza coniugale, con le tristi immagini, via tv da Bergamo e Brescia, di carri militari in cui erano stati deposte le bare con i morti per Covid negli ospedali bergamaschi e bresciani; le salme erano dirette ai forni crematori, perché i cimiteri non avevano più fosse disponibili. Nel pianto corale, dalla Sicilia al Nord, si è stabilita la catena umana di solidarietà, tutti consapevoli di essere nello stesso barcone di dolore, paura, sofferenza e uniti nel rispondere positivamente all’appello del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella; ma si è, in questi giorni, amareggiati per le vaccinazioni che vanno a rilento e per le quali c’è la via obbligata della distribuzione di dose vaccinali a seconda dell’età di chi dovrebbe sottoporsi all’antivirus; una sorta di tabella come se la tutela della salute non fosse uguale e urgente per tutti – dal pubblico al privato -, fragili e non fragili sui quali sono in atto le “classifiche” delle priorità vaccinali, come se si trattasse di quelle del Calcio, tra squadre che scendono e altre che salgono, mentre le istituite nuove 10 zone rosse ci precipitano, ancora una volta, nell’isolamento totale.
In questo clima esasperato, dal Comune di Palermo giunge la notizia di un nuovo Piano regolatore generale per una rinnovata visione della città e del centro storico, in particolare, che non sarà più periferia – dice il Sindaco Orlando in videoconferenza insieme all’assessore all’urbanistica Giusto Catania – e mettiamo in sicurezza urbanistica la nostra città. Il Prg è già sul tavolo della discussione per la successiva applicazione con infrastrutture che tutelino il verde e l’ambiente. Il Piano prevede, tra l’altro, anche la realizzazione di alloggi sociali in aree dismesse da riqualificare, un nuovo ponte sul fiume Oreto, altri collegamenti viari sulla Circonvallazione, ex viale Regione Siciliana, e un asse sotterraneo per la Palermo-Messina. Un Piano urbanistico ambizioso, che porta – tra paure, delusioni e attese di oggi – soffiate di aria fresca, ottimismo, fiducia, ed anche lavoro con l’apertura di nuovi cantieri, sperando che il grande progetto non si perda nell’atmosfera elettorale.