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Memoria storica e produttività: la sfida dei borghi dell’antica Trinacria

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Dalla porta dischiusa della casa nel borgo antico, filtrano, al mattino, profumo di erba bagnata dalla rugiada, e leggeri spifferi di aria fresca primaverile; si percepisce il senso di ottimismo che allieta – almeno per un attimo, perché la solitudine nel borgo opprime comunque -, lo spirito, consapevoli che oggi è come ieri e l’altro ieri ancora senza alcun cambiamento tra Covid, contagi, zone a colori, chiusure  e varianti dal tracciamento misterioso.

Oltre alla porta dischiusa, andando ad affacciarsi  sul terrazzino, si notano le strade strette  e piazze con la fontana senza più acqua, quasi deserte, mentre da lontano giunge il suono cadenzato e triste dello scampanio in cima alla torre medioevale. Qualche artigiano però c’è che apre bottega sulla strada con i gradoni di pietra consumati dal tempo, perché la pandemia gli ha risvegliato il valore del lavoro eseguito con le sue mani  e gli  ha fatto rinascere l’amore per le tante piccole e semplici cose da fare, godendo della sua esclusiva creatività; è uno spaccato di una società familiare  – in cui sono tutti amici, si rispettano e si chiamano per nome -, che ancora resiste nei tanti borghi della Sicilia, e offre storia e cultura popolare e di operosità artigiana, già raccontata da cantautori e poeti dialettali.

Borghi antichi che fortunatamente sono sfuggiti alle varie e continue trasformazioni edilizie eseguite dal 1970 in poi a Palermo ed anche in tutta l’Isola, all’insegna del “sacco” per l’edilizia moderna ma senza più Omemoria e delle crescenti esigenze abitative, sono ora tasselli di quel che era il vasto mosaico, tra stili architettonici arabo-normanni, bizantini, spagnoli di ville e monumenti e piantagioni secolari immersi nella natura rigogliosa  – tra cui il bene comune della Conca d’Oro che dalla discesa della Zisa si spingeva, ricca di sorgenti d’acqua cristallina, di aranceti e di maestosi alberi d’ulivo, sino ai piedi del Montepellegrino (così chiamato in onore della pellegrina Santa Rosalia patrona di Palermo) e da qui andava ad adagiarsi vicino  al mare sempre pulito di Mondello -; son tasselli di storia da curare e  ristrutturare con l’accelerazione di interventi finanziati tra governo centrale e quello regionale.

Ma intanto la sfida di rinascita è stata lanciata: due grandi iniziative corrono al soccorso di quei tasselli rimasti come unica e solitaria memoria della storia siciliana: si tratta della convocazione via “rete” o con il “passa parola” al “Borghi in Festival” – come il nostro quotidiano “Cronaca di Sicilia” ha puntualmente riferito nell’edizione del 26 febbraio  – ed è un progetto che riguarda la prossima realizzazione del Festival Le Vie dei Tesori  (la cui Fondazione è presieduta da Laura Anello); l’altra sfida, con un tour di manifestazioni 2021/2022,  riguarda il “piano agricoltura” quale progetto di cooperazione ”BioshopSicilia” presentato dall’assessore regionale all’Agricoltura Toni Scilla insieme ad altri esponenti di settori produttivi e dirigenti di aziende di Sambuca di Sicilia, Menfi, Sciacca, Raffadali, Caltanissetta, Santa Margherita Belice, Montevago, Giuliana e Contessa Entellina.

 

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