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VIDEO| Salvini a Catania per il Caso Gregoretti: “Di Maio e Lamorgese non cambino atteggiamento”

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“Spero che Di Maio si ricordi e che Lamorgese racconti quello chè successo e che nessuno cambi atteggiamento per il fatto che ora sono in maggioranza”. Lo ha detto Matteo Salvini a Catania dove domani si terrà una nuova udienza preliminare per la vicenda della nave Gregoretti.

È atteso alle 9,30 di domani nell’aula bunker Bicocca di Catania, per la nuova udienza preliminare – la terza – del Caso Gregoretti, il procedimento giudiziario che potrebbe portare Matteo Salvini a processo. Sequestro di persona e abuso in atti di ufficio sono i capi di imputazione, di cui potrebbe dover rispondere l’ex ministro dell’Interno, nel procedimento in corso nella Procura di Catania. Al fianco di Salvini l’avvocato Giulia Bongiorno, deputata e legale del leader della Lega.

Nella città etnea, su richiesta del gip, saranno presenti anche Luigi Di Maio, ai tempi della vicenda vicepremier e ministro del lavoro, e l’attuale titolare dell’Interno, Luciana Lamorgese. Lo scorso 28 gennaio, invece, era stata la volta della deposizione del premier Giuseppe Conte, raccolta in trasferta dal gip Nunzio Sarpietro che era andato a Roma, a Palazzo Chigi, per ascoltare il presidente del consiglio. La prima tappa del procedimento risale allo scorso 3 ottobre, quando a Catania, il leader della Lega è stato ascoltato per la prima volta proprio da Sarpietro. Salvini era arrivato di fronte al gup dopo la richiesta di giudizio fatta dal Tribunale dei ministri di Catania, richiesta che ha ottenuto il via libera del Senato lo scorso 12 febbraio.

L’accusa formulata è quella di aver “abusato dei suoi poteri privando della libertà personale 131 migranti a bordo dell’unità navale Gregoretti della guardia costiera italiana dalle 00:35 del 27 luglio 2019 fino al pomeriggio del 31 luglio”, quando fu disposta l’autorizzazione allo sbarco nel porto di Augusta, nell’ambito di un accordo per la distribuzione dei migranti in altri cinque paesi Ue. Sul caso Gregoretti la Procura etnea, guidata da Carmelo Zuccaro, si era già pronunciata per l’archiviazione, ritenendo che “l’attesa di 3 giorni per uno sbarco” non possa “considerarsi un’illegittima privazione della libertà” dei migranti a bordo della nave.

Inoltre, per gli inquirenti sulla nave vennero “garantiti assistenza medica, viveri e beni di prima necessità” e “lo sbarco immediato di malati e minorenni“, come ribadito dallo stesso Salvini nella sua memoria difensiva, depositata a Catania negli scorsi giorni. Al contrario, il Tribunale dei ministri, chiedendo invece il processo, sottolineò come Salvini fosse stato responsabile di aver “determinato consapevolmente l’illegittima privazione della libertà personale” dei migranti, “costretti a rimanere in condizioni psicofisiche critiche” a bordo. I tre giudici per i reati ministeriali hanno inoltre sostenuto come “non vi fossero ragioni tecniche ostative all’autorizzazione allo sbarco“, aggiungendo che “le persone soccorse potevano tempestivamente essere sbarcate e avviate all’hot spot di prima accoglienza per l’identificazione, salvo poi essere smistate secondo gli accordi eventualmente raggiunti a livello europeo”.

Accordi a livello Ue su cui insiste anche la difesa di Salvini, con concetti ribaditi nella memoria difensiva, in quello che sembra uno dei nodi dirimenti della vicenda. Di fronte a una strategia politica, voluta da Salvini (e dal governo di allora), con l’obiettivo di spingere i paesi Ue a intervenire per la ricollocazione dei migranti, l’atto di trattenerli a mare, secondo lo stesso Salvini era esclusivamente finalizzato al risultato politico. Al punto da dire che “la permanenza a bordo” era “funzionale solo a consentire la conclusione della procedura di redistribuzione” in Europa dei migranti.

Altro nodo, ancora, quello sui motivi di ordine pubblico, che avrebbero determinato lo stop allo sbarco in Sicilia. Per l’accusa i migranti non rappresentavano una minaccia in tal senso (“non ci sono informazioni sulla possibile presenza, tra i soggetti soccorsi, di persone pericolose per la sicurezza e l’ordine pubblico nazionale“). Tema su cui Salvini ha tirato fuori, nell’ultima memoria, una nuova prova, parlando di un “Gps per l’orientamento in mare che dopo il salvataggio fu trovato uno zainetto” a dimostrazione di “una probabile presenza a bordo, tra i migranti, degli scafisti responsabili del traffico“. “Due scafisti – conclude la difesa di Salviniche furono poi identificati e fermati”.

Salvini ribadisce più volte che “non ci fu alcun sequestro di persona, non essendosi verificata alcuna illecita privazione della libertà personale nei giorni in cui i migranti rimasero a bordo della Gregoretti, in attesa dell’organizzazione del loro trasferimento presso la destinazione finale”. “A tutte le persone a bordo della nave furono garantite cure e assistenza adeguate al caso di specie, nonché un continuo controllo delle condizioni di salute”, ricorda l’ex titolare del Viminale.

Nella linea difensiva, infine, nessuna chiamata in correo di Conte, al di là della condivisa – secondo Salvini – responsabilità politica dell’allora presidente del Consiglio. Nonostante il nome di Conte sia citato più volte nella memoria, la chiamata in causa del premier non ci sarà: “Perché – ribadisce nelle piazze girate in questi giorni lo stesso Salvini il fatto non sussiste, ci sono norme precise per mettere in salvo i naufraghi e nessuno di noi li lasciò in balia delle onde”.

Poi è arrivata la decisione del Gup che ha chiesto di sentire anche Toninelli, Trenta (ascoltati a Catania lo scorso 12 dicembre) Conte, la cui deposizione è stata raccolta a fine gennaio a Palazzo Chigi. Domani sarà il turno di Luigi Di Maio e Luciana Lamorgese.

 

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