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Beni per un valore complessivo di circa un milione di euro sono stati sequestrati dai finanzieri del Comando provinciale di Messina che hanno dato esecuzione a due decreti emessi dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale del capoluogo peloritano, su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia.
Nel mirino degli investigatori delle Fiamme gialle sono finiti un pregiudicato di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) e un ex consigliere comunale di Giardini Naxos (Messina): Domenico Ofria e Salvatore Pietro Sterrantino. I sigilli sono scattati per due unità immobiliari nella zona residenziale dell’area balneare di Barcellona Pozzo di Gotto, un fabbricato a Giardini Naxos e i saldi dei conti correnti bancari. Un patrimonio, spiegano dalla Guardia di finanza “nel tempo accumulato in assenza di lecite fonti di reddito”.
Entrambi i destinatari dei provvedimenti sono noti alle cronache giudiziarie. Ofria, è stato coinvolto nell’operazione “Mare Nostrum” e ritenuto elemento di spicco del clan dei barcellonesi. Le indagini del Gico avrebbero permesso di riqualificare come illeciti i redditi da lavoro “apparentemente leciti” dallo stesso dichiarati, poiché “rispondenti alla necessità di redistribuzione dei profitti derivanti da un’impresa individuale (intestata a prestanome) di fatto riconducibile al fratello anch’egli inserito nel clan barcellonese, seppur con maggiore autorità criminale”.
Colpito dal decreto di sequestro anche il patrimonio dell’ex consigliere comunale di Giardini Naxos, Sterrantino, 65 anni, condannato per usura e, più recentemente, per concorso in concussione aggravata dal metodo mafioso. L’uomo si sarebbe fatto consegnare una tangente da un imprenditore edile “per accelerare le procedure burocratiche relative al pagamento degli stati di avanzamento lavori in relazione a delle opere che stava realizzando presso il cimitero di Giardini di Naxos”.
In particolare, l’imprenditore sarebbe stato avvicinato dall’allora politico e da un presunto esponente della mafia catanese, che si presentò quale referente del clan Laudani di Catania, e costretto al consegnare una mazzetta di 2.000 euro, per ottenere quanto gli spettava per i lavori svolti.